Un “Don Quixote” divertente e manieristico al Maggio Musicale Fiorentino

Il balletto di Derevianko approda con successo per la prima volta in Italia

E’ “una commedia romantica” e un po’ kitsch il Don Quixote (Don Chisciotte) di Vladimir Derevianko messo in scena al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino dal 6 al 10 marzo.

Da sempre il Don Chisciotte di Cervantes ha ispirato numerose mises en danses per il suo essere un “romanzo a schidionata” nella serialità di vicende aperta all’infinito, e la figura dell’ingenioso hidalgo ha conosciuto grande fortuna coreografica, dall’originale ottocentesco di Petipa su musiche di Ludwig Minkus creata nel 1869 per il Bol’šoj e rimaneggiato nel 1871 per il Marijnskij di San Pietroburgo, fino al Novecento con le riletture di Gorskij, Zacharov, Nureyev, Baryshnikov, per arrivare a quella estrema di Neumeier su musiche di Strauss. Tema costante è il singolo episodio estratto dal romanzo che narra le nozze di Kitri e Basilio ostacolate dall’oste Lorenzo, il padre della ragazza che la vorrebbe sposata a Gamache, con Don Chisciotte e il fedele Sancho come “aiutanti” degli innamorati, il tutto con sullo sfondo una Spagna folcloristica fatta di nacchere, ventagli, zingari e toreri.

Il balletto del grande virtuoso russo, creato nel 2004 per la Compagnia di Balletto dell’Opera di Dresda, approda per la prima volta in Italia in una versione ‘prosciugata’ drammaturgicamente rispetto alla irrealizzabile grandiosità del modello originario di Petipa (che durava ben tre ore e mezza), presentando un lieto fine che lo differenzia dalla precedente versione di Dresda, e avvalendosi delle scene e dei costumi (prodotti nei laboratori della Sächsiche Staatsoper Dresden) firmati da Roberta Guidi di Bagno e delle luci di Marco Filibeck.
Il balletto ha eliminato il prologo, articolandosi in due atti e in cinque quadri che vedono il proliferare di divertissements, virtuosistici enchaînements, di grands pas de deux, in un turbinio di suoni e colori di un giocoso e fastoso ballet d’action à numéro, unito a quadri di finti e liricissimi ballet blanc (come quello delle Driadi) e a comiche scene di pantomima, come l’inserto metateatrale della messinscena allestita dagli zingari che porterà il “cavaliere dalla triste figura” ad un furor da vero paladino.

Il 10 marzo ha visto in scena un Derevianko nei panni di un Gamache superbo, damerino ilare e comico, spalla e antitetico di Giuseppe Saiola nei panni di Sancho Panza, insieme motori dell’intera azione. Ottima la leggerezza e pulizia di Alessandro Riga come fluttuante Basilio, accompagnato dalla leggiadra Kitri di Paola Vismara. Marginale il Don Quixote di Umberto de Luca, fedele all’originale petipatiano («seppur si muove più come ballerino»), predominato dall’angelico e manierato Amorino di Zaloa Fabbrini. Tutt’intorno si susseguono i numerosissimi divertissements à numero della Compagnia di Ballo del Maggio integrata dalle sei coppie di giovanissimi ballerini under 18 della Scuola di Ballo dell’Accademia del Teatro alla Scala, selezionati fra i tanti allievi dallo stesso Derevianko insieme a Frédéric Olivieri, Direttore della Scuola scaligera, collaborazione importante e virtuosa fra quelle che sono le due più importanti Fondazioni liriche italiane.
Il tutto accompagnato dall’impeccabile esecuzione dell’Orchestra del Maggio diretta da Alexander Sotnikov delle musiche create da Minkus e riorchestrate da Manfred Grafe.

Grande il divertimento e il successo.