
[rating=4 ] Un’eroina contemporanea, tragica. Amy Winehouse e la sua personalità carismatica finiscono sotto l’abile mano del regista Asif Kapadia. Il documentario Amy. The girl behind the name sbanca il botteghino.
Attratto da una voce magica, quella di una delle più autentiche cantanti jazz del nuovo millennio, il pubblico vuole sapere di più sulla ragazza normale dal talento a-normale. Un’artista intrigante, timida, con una fluida e potente capacità di scrittura. Sulla sua tendenza all’auto-distruzione, il vuoto affettivo, la debolezza caratteriale, si è parlato abbastanza negli anni. Il documentario scava le ragioni e i motivi che hanno portato Amy Winehouse a perdere il controllo della sua vita, e a rimanere intrappolata in una serie di dipendenze, che il 21 luglio 2007 ne hanno causato l’arresto cardiaco.
Interviste, video amatoriali, filmati di repertorio restituiscono l’identità inquieta, sensuale e intelligente di una ragazza dalla musicalità innata. Mentre la regia insistente si ferma sugli esasperati primi piani di una Amy Winehouse sia radiosa che avvilita, sorpresa, devastata. Restiamo rapiti dalla semplicità del personaggio, il suo modo di vivere un corpo sempre più piccolo, davanti a un mondo – quello dei mass-media – che la vuole divorare.
Innamorata e poi rifiutata da un uomo che la porta a comporre l’album capolavoro Back to black, un spirito nero e una voce da sogno, Amy Winehouse è e rimarrà una stella nel firmamento della musica mondiale.