
Nella cornice dello spazio performativo ed espositivo della Tenuta Dello Scompiglio, per la rassegna di concerti Le grandi Accademie, i maestri e gli allievi a cura di Antonio Caggiano, 2+, dove il “+” indica la tecnologia come forza che espande, amplifica e trasforma il gesto strumentale, ha preso la forma di un rito sonoro unitario, un flusso consecutivo, senza interruzioni. Il numero “2” non è solo riferimento al duo, ma principio strutturale dell’intera serata: un approccio libero e smaliziato al materiale numerico, giocoso e insieme rigoroso, che Manuel Zurria e Paolo Ravaglia hanno interpretato con un’intesa di lunga data nutrita di curiosità e divertimento.
A scandire il percorso, tre Counting Duets di Tom Johnson: composizioni nate dalla mente di un matematico prima ancora che musicista, ma anche giornalista e divulgatore acutissimo. I suoi brani, concepiti come “grandi scatole vuote”, risuonano sempre in modo diverso a seconda degli esecutori. Nel dialogo dei due interpreti, i numeri si trasformano in veri gesti musicali: conteggi intonati, sussurrati o articolati con un ritmo pulsante, come un metronomo interno. Le filastrocche numeriche che intercalano i brani – “Ora tocca proprio a te”, e altre brevi formule infantili – ampliano questo mondo ludico-matematico, tessendo un paesaggio sonoro che oscilla tra ironia e precisione, tra calcolo e immaginazione.

In Bicinium di Riccardo Nova, la voce registrata della cantante indiana Venugopal Varijarshree diventa una forza centripeta: un canto scomposto e ricomposto elettronicamente, attorno al quale flauto e clarinetto costruiscono un dialogo armonico e ipnotico. Il risultato è una sorta di macchina rituale, una pulsazione continua in cui l’elemento vocale, filtrato e distorto, si innesta su un tessuto strumentale disciplinato ma vibrante.
Con Letter Piece #5 – Northern Cities di Shlomowitz, la scena si popola di oggetti, gesti e micro-narrazioni: giocattoli di gomma (inclusa una gallina dal suono sorprendentemente disperato), un clarinetto rivisitato unendo testata e campana e suonato con sordina, richiami per anatre, versi d’upupa, fotografie mimate, pose improvvise, finti sbadigli. È un gioco dadaista fatto di sillabe, onomatopee e movimenti che rispondono l’uno all’altro come frammenti di una partitura visiva. Il duo trasforma questa teatralità in una danza semiseria in cui la leggerezza non scade mai nella caricatura.
Tar di Horacio Vaggione, accompagnato da un video di Ravaglia e Cusumano che monta frammenti del cult movie di Akira Kurosawa I Sette Samurai concentrandosi sui volti e sulle espressioni, apre un portale verso un universo sonoro denso e metamorfosato. Ravaglia al clarinetto contrabbasso produce un flusso di suoni-granuli, un vero scroscio numerico, che si intreccia all’elettronica. L’intera sala sembra trasformarsi in una pioggia di particelle, come numeri frantumati che scorrono e si aggregano.
Con Unanime di Justė Janulytė l’atmosfera vira verso una contemplazione acquatica. Il flauto traverso basso di Zurria si moltiplica in sette tracce preregistrate, generando un unico respiro luminoso. Il video immersivo proietta un mondo subacqueo di meduse, bolle che si disperdono, luci blu in dissolvenza: un paesaggio che accompagna la musica verso uno stato quasi di trance.

Le filastrocche numeriche, affidate alle voci registrate di Federico Sanguineti e Rossella Renzi, tornano ciclicamente: “Quando il numero 1 lo vuoi trovare, lo trovi sopra di te se lo vuoi suonare”; “I diversi numeri del mondo ci stanno attorno da quando siamo nati”. Queste formule, semplici e quasi pedagogiche, diventano una soglia percettiva: collegano matematica, suono e memoria collettiva, trasformano il conteggio in rito.
Con 5 di Emanuele Casale ritorna l’idea del numero come motore formale. Le pulsazioni elettroniche, implacabili come un battito cardiaco, costringono i due strumentisti a una precisione quasi oltre-umana. La coordinazione perfetta – flauto, clarinetto, distorsioni – genera un intreccio che sembra sfidare la natura stessa del tempo, dove ogni millisecondo ha un peso espressivo.
2+, dove il “+” è davvero una lente d’ingrandimento tecnologica, capace di espandere, distorcere o moltiplicare, si è rivelato un concerto dalla struttura compatta ma dall’immaginario vastissimo. Tra numeri che diventano melodie, strumenti che parlano, giocattoli che risuonano, immagini subacquee e dialoghi impossibili con l’elettronica, Zurria e Ravaglia hanno modellato una geografia sonora che oscilla tra gioco, tecnica raffinatissima e immersione sensoriale totale.
Il pubblico, guidato in questo viaggio ininterrotto, ne ha seguito le trasformazioni con un’attenzione crescente. E quando il flusso finale si è dissolto, era chiaro che si era materializzato qualcosa di raro: un concerto in cui numeri, suoni e immagini hanno smesso di essere elementi separati per diventare, insieme, un nuovo universo.














