
Vinicio Capossela ha portato sul palco del Teatro Cartiere Carrara di Firenze il suo ultimo spettacolo, “Conciati per le feste”, terza data del tour, catturando il pubblico con la sua inconfondibile miscela di musica, narrazione e teatralità in una grande festa. In una cornice intima quale quella dello storico Teatro Tenda, il cantautore ha presentato brani tratti dal nuovo album Sciusten Feste n. 1965, un progetto che unisce reinterpretazioni di standard natalizi a composizioni originali e riscritture uniche, oscillando tra ironia e malinconia.
La serata si è aperta con l’evocativa Sopporta con me, un invito quasi spirituale a condividere il peso del cammino, introducendo il pubblico in un’atmosfera densa di riflessioni sullo scorrere del tempo e sulla necessità di salvaguardare la gioia e l’innocenza, temi centrali nel lavoro recente di Capossela. Alternando momenti di festosa leggerezza a brani più meditativi, l’artista ha saputo ricreare l’essenza della festa, con le sue sfaccettature di euforia e malinconia, portando sul palco una collezione musicale arricchita da influenze variegate che vanno dallo swing italo-americano allo spirito delle tradizioni tedesche dello Schützenfest.

Le canzoni come Voodoo Mambo e Bianco Natale hanno rivelato l’abilità di Capossela di trasformare motivi familiari in nuovi racconti, mescolando il profano e il sacro, il carnevalesco e il tragico. In questo percorso sonoro, il pubblico è stato avvolto in una giostra emozionale, tra palloni aerostatici colorati, trenini propiziatori e show d’equilibrio e di fuoco, in un rito scaramantico sostenuto dall’accompagnamento di una band d’eccezione che ha saputo valorizzare ogni sfumatura dei pezzi, dalle marimbe giocose ai cori avvolgenti: Andrea Lamacchia al contrabbasso, Piero Perelli alla batteria, Luca Giovacchini alle chitarre, Raffaele Tiseo all’organo, Michele Vignali e Achille Succi ai fiati.
Capossela, la vera anima della serata, ha cambiato molteplici cappelli e maschere, da vero trasformista e animale da palcoscenico: ora giocoliere, ora santo, ora maragià, persino scimmia, ha coinvolto il pubblico in un turbinio di danze e musica.

Infine non è mancato neanche il “guastafeste” che è in ognuno di noi con l’omonima canzone, regalando una nota pungente e ironica che ha spezzato l’incantesimo della festa per ricordare che anche la celebrazione ha bisogno del suo contraltare. Un messaggio di speranza e resistenza, proprio come i coriandoli che, effimeri, restano simbolo di un’esplosione di colori destinata a sparire, ma che si rinnova ad ogni celebrazione.
Un rituale condiviso quello di Capossela, dove la musica ha saputo coinvolgere e commuovere, tra molteplici e acclamati bis, ricordandoci che ogni festa porta con sé non solo l’ebbrezza della gioia, ma anche il retrogusto della nostalgia. Un bellissimo regalo fuori dal tempo.