
Una cascata di energica gioia ha inondato il Teatro della Pergola di Firenze, piacevolmente gremito (come nei tempi pre-covid) di un pubblico every age per assistere alla prima nazionale dell’atteso Jungle Book firmato dal visionario Robert Wilson. Un tripudio di colori e un inno d’amore all’unione tra le diversità che solo attraverso gli occhi dell’infanzia possiamo tornare a vedere e comprendere.
Lo spettacolo tratto dal Libro della giungla di Rudyard Kipling, è frutto del Théâtre de la Ville di Parigi in coproduzione con il Teatro della Pergola di Firenze.
La sua forza sta nell’impronta indelebile di Robert Wilson, con le sue vibranti scene minimal surreali e il chiaroscuro dei suoi fondali luminescenti, nelle quali gli sgargianti personaggi in scena si stagliano come delle figurine di carta da ritagliare in un libro per bambini. L’opera confluisce nelle fresche melodie composte dal duo CocoRosie, eseguite dal vivo da un quartetto di musicisti eccezionali (compreso uno stupefacente beatboxer) e interpretate egregiamente da un multietnico gruppo di artisti-performers. Come in un dolce scorrere di acque circondate da alberi e liane, la musica sgorga nella parola, in movimenti armoniosi e bizzarri del corpo, dando vita ad una messinscena fantastica e intrisa di stupore.

Tra le note emergono molti dei personaggi principali delle storie del libro, dal cucciolo d’uomo Mowgli, all’orso Baloo, la pantera Bagheera, i lupi Akela e Raksha, la scimmia Bandar-log, l’elefante Hathi, il pitone Kaa, lo sciacallo Tabaqui e la tigre Shere Khan.
«La legge questa è della Giungla – come il cielo antica e forte; va a conforto del Lupo osservante, per il Lupo ribelle è la morte. La Legge procede a spirale come liana intorno alla scorza: la forza del Branco è il Lupo, il Branco del Lupo è la forza.»
Il minimalismo sfocia anche nella regia e nell’interpretazione degli animali in scena, stringendosi sul concetto del gioco e della più personale fantasia che un bambino può dare alle forme. Nessun richiamo (fortunatamente) ai (mitici) personaggi Disney per intenderci, bensì una ricerca infantile (nella migliore delle accezioni) degli istinti animaleschi dei personaggi-archetipi che abitano la giungla di Kipling. Robert Wilson porta così sulla scena un poliedrico e singolare “popolo della giungla”, che racconta in maniera ironica, tra incantevoli dialoghi (in francese) e piacevoli ed orecchiabili canzoni, in un fondersi di generi musicali, storie semplici dal sapore antico, portatrici di messaggi più profondi.

Dalla diversità facilmente associabile al razzismo, alla giungla e la natura che sta scomparendo a colpi di indifferenza, agli animali che ogni anno si sommano nel catalogo delle specie estinte (160 soltanto negli ultimi 10 anni). Tutto ciò non è presente in Jungle Book, ma è l’altro lato di una medaglia che brilla e abbaglia di gioia e ottimismo, ricordandoci come la legge della giungla insegna “la forza del branco è nel lupo e la forza del lupo è nel branco”.
Una citazione che sintetizza il valore più alto del libro di Rudyard Kipling, un messaggio che ha infuso in generazioni di bambini, oggi adulti e anziani, la forza più grande dell’universo è l’amore.
