L’amore deve reinventarsi per L’uomo dalle suole di vento

Fino all’11 febbraio 2018 a Roma per la regia di Romano Talevi

Cella 252, due anni per Paul Verlaine, egli allo scrittoio scrive e nei suoi ricordi ecco Eleonora, la belle estate trascorsa con lei, le loro letture, gli amori, le passioni, i bei momenti vissuti insieme, l’estasi. A ritmo di tamburo, ella un sogno, un angelo che accompagna il poeta francese, perché viva tranquillo e sereno quel triste periodo, ma c’è frequentemente anche Elisa nelle sue parole. Tutto introduce sulla scena a un momento fortemente onirico: veli, maschere, donne in camicia da notte, fantasmi tutto intrecciato, in un medesimo orgasmo. Ed ecco l’archetto di Valeria Modica, talora percussionista, valente musicista, dà suono al violino e siamo nella storia, totalmente incentrata sulla poesia e la follia che sovente ne è matrice.

Sì quella del poeta maledetto, un uomo che si erge a poeta, a veggente, ma è anche pittore e nella sua ispirazione ci sono profumi, suoni, colori, proprio come dice Baudelaire, la cui poesia con quella di pochi altri, può confrontarsi. Esclusivamente quella di Paul Verlaine e di Arthur Rimbaud, sostiene questi in persona. I suoi versi suscitano magnetismo in Paul ed ecco Arthur a Parigi suo ospite. Lo accoglie Matilde la moglie incinta, in una casa arredata come l’epoca consiglia, con tanto di panchetta-divanetto, poltroncine, candele, pianoforte, quello suonato dalla madre sulle note di Debussy, una casa di alta borghesia insomma. I costumi sono degni e funzionali di cotanta periodicità e delle caratteristiche morfologiche dei personaggi.

A dire di Lady Verlaine, un paffuto, rubicondo, un contadino rozzo e zozzo, e le sue scorregge, rutti e sfoghi fisiologici confermano il primo approccio; una folgore di fuoco che travolge e concupisce l’animo del marito non solo con la poesia ma con il suo essere maledetto, le sue tentazioni, la sua ipnotica fisicità e avvenenza. A dire di Paul, un angelo in esilio, un folletto demoniaco, piuttosto sarebbe giusto definirlo. Il suo essere, il suo fare, il suo diabolico protagonismo spostano l’attenzione di moglie, marito e suocera su di lui. Ed eccolo a sera a recitare le sue poesie, le sue opere, naturale, genuino senza alcuna scuola di teatro nel suo curriculum, vero spontaneo ma appassionato e travolgente. La suocera definisce di lui il suo stile, una dissoluta raffinatezza. Tutti attratti nel bene e nel male da Arthur Rimbaud anche i presenti nel parterre.

Ne scaturisce una staffetta amorosa tra Matilde e quest’ultimo, dove il testimone, se così si può dire è proprio Paul Verlaine, sotto ricatto amoroso di questi, e con crisi di rimorso nei confronti dei doveri familiari e verso una moglie nei confronti della quale non prova più amore, ma solo senso di proprietà e possesso. Questo è quanto gli rinfaccia proprio Arthur uno studente universitario, straordinario poeta che vive in veranda, in cima all’ateneo, dove dipinge crea e dissolutamente vive. Di fronte alla morale borghese occorre reinventare l’amore, la sua acuta intuizione. Bravissimo è Pierfrancesco Ceccanei a interpretare un ruolo davvero difficile per le sfaccettature istrioniche che lo contraddistinguono.

Il protagonista Signor Verlaine è Romano Talevi ottimo attore, ma notevole regista nel creare atmosfere, cambi di scena e ambientazioni in maniera abile e senza lag di attrazione. Matilde dà carattere a Rita Pasqualoni, la cui difficoltà interpretativa vira in grande arte laddove passa da momenti di passione interiore, a versi di toccante poesia, a toni di succube coniuge alla ricerca continua e fedele dell’amore perduto sempre in prova con un marito dissoluto e pederasta.

Il disgusto per la borghesia, per la scontata e talora falsa morale della nobiltà parigina vissuta in casa Verlaine, creano momenti amorosi, di sesso di passione, scandali, il cui carburante è il verde assenzio, nonché i giochi di sangue, tagli e ferite che porteranno in cella Paul, per sodomia, a quei tempi 1873 bollata in Francia, e tentato omicidio occorso nell’agone sanguino di folle passione tra i due poeti maledetti. Viaggi dei due a Bruxelles, piuttosto che a Londra movimentano la vicenda, in due ore di suspense spasmodica, che incollano in maniera interrottamente attenta il pubblico in sala, fino all’arresto tra boia-fantasmi, echi di personaggi di commedia dell’arte. E sulla rivelazione che dalla morte di Arthur, Paul lo ha rivisto tutti i giorni nel suo periodo di reclusione, si chiude la pièce e gli spettatori increduli che sia finita si congedano soddisfatti dallo spettacolo e dall’”uomo dalle suole di vento”, Arthur appunto.