
… mal di testa terribile. Fuori il Mondo si sta svegliando togliendosi le coperte della notte di dosso. Coperte spesse di aria fredda e densa. Con la mia auto prodigiosa, la Fantastica, che ha dormito poco, le attraverso a rilento, guardandole ritirarsi controvoglia, come prese alla sprovvista dal Sole, a cui obbediscono. Io ieri notte, invece di mettermi al caldo e pensare a tamponare il malanno che mi sento addosso, influenza o vattelapesca, mi son dato ai bagordi con Kassa e Sartre che mi hanno aiutato a preparare la scorta per la Risalita. Troppo vino e troppe sigarette alla Curcuma. Risate, risate e risate da farsi venire le lacrime agli occhi ed il mal di pancia. Che si sono presentati anche quando salutandoci ci siamo detti addio, a presto, buona fortuna. Controindicazioni parecchie: mi sento uno straccio da pavimento. In acqua sudicia. E mi sento anche pesante come un pancale di cemento umido. Ma si avvicina il Tempo. Lo sappiamo tutti. Il naso ce lo suggerisce da un bel po’ e c’è una ragione perchè ce lo suggerisca. Una perlustrazione dei segnali aiuterà la Risalita, dopo che arriverà il Segno. Così è deciso.

Riepilogando la situazione sono raffreddato, indolenzito, stordito dal mal di testa e sono praticamente ancora mezzo brillo. Tra colline timide e filari artritici sono arrivato a risalire il serpentello di asfalto che da Vinci va verso Anchiano, verso piazzale Dent. Il fatto che la Fantastica, la mia vettura, prenda in questa dimensione le sembianze di una Duna weekend è già di per sè seccante. Sarà una frivolezza, ma se giravo con un sembiante più attraente stavo meglio. Eppure io so com’è veramente. Mi piacerebbe togliermi la soddisfazione di mostrarla, tutto qui, lo ammetto. In più, oltre che brutta è pure svogliata, ma davvero svogliata questa mattina. «Oh! Spiegami un po’, ma che hai bevuto anche te?» le dico. Nessuna risposta. Bofonchia appena. «Fai come ti pare, ma datti una mossa!» Intorno a me i prati e gli ulivi non si rovesciano come olio sulla stradina nervosa, invadendola, solo perchè sono placcati letteralmente dai muretti in pietra. Quello è il loro compito, bloccare Il Prato, le sue voglie e le sue creature sia Diurne che Notturne. Comunque la Fantastica annaspa. Nonostante sia capace quasi di tutto, data la potenza ed il rango Magico, annaspa. Per questa salita verde grigia, che non è poi neanche troppo ripida fa fatica e brontola.
I tronchi lucidi, le ragnatele visibili per l’umidità, come centrini persi sui prati nella notte da creature indaffarate. Maledizione! Le 4 Ruote Emotrici sono giù di corda ed io di più. Almeno uno dei due, od io o lei, deve essere in forma altrimenti non si va. Ed Oggi non si va proprio, annaspiamo di brutto. Il rumore del motore è rasterelloso, pare come se nei pistoni ci fosse sabbia grossa. Uno squittio dagli assi e dai cerchi, neanche se un esercito di criceti ad un concerto di squitt-rock tripudiasse la’ sotto. Io mi sento molto ma molto poco bene. Fa freddo fuori, vero, ma ho acceso le Fornaci e le Ventole quindi qua dentro ci DEVE essere caldo per forza. Ma io ho freddo. Mi fanno male le ossa. Ho bisogno di una pozione antinfluenzale. Oppure 5 o 6 Tachiflù. Penso: ho il naso tappato, la mente lenta, non sono d’aiuto alla marcia e cincischio a rimuginare una serie di lamentele che rumino a ripetizione. Ma ecco, una sensazione mi sale dalle scapole, su per il collo, il cervelletto, la nuca, le tempie. Piego la testa ed improvvisamente, la velocità delle cose cambia. Aumenta di colpo.
Il muro in pietra scorre verso di me, scivolando alla mia destra come il Matterhorn del Luna Park, abbandonandomi alle spalle in un baleno. Non sono io, né la Fantastica, però! mi dico, ad aver accelerato. Neanche l’influenza a darmi allucinazioni. E’ Il muretto in pietra che ha cambiato velocità, ed ora capisco, non solo quella. Ha cambiato anche forma, ha preso vita, movimento e si mostra potentemente per ciò che è, ciò che lo abita.

Lungo ed alto come tutta la reale, lunghissima fiancata della Fantastica, l’occhio fisso ed ocra del rettile, gigantesco, antico come il Sole, sbatte la palpebra e mi inchioda per un attimo l’anima a terra. L’odio lo nutre. La pelle di scaglie di pietra, la cresta dorsale d’ arbusti, la rabbia dei secoli. Eccolo spaventoso e malvagio. Un Dragone di Pietre. Un segnale. Scivola via impetuoso, fiume di sassi in corsa. Alzandosi, riabbassandosi, avanti e poi indietro, sempre violentandomi di occhiate rabbiose e vibrazioni, emettendo onde sonore insopportabili. Dentro la mia testa e nel mio petto il suo vibrare di lingua, tetro e profondo, un crepitare d’incendio immane, modella una litania oscena facendomi sussultare il busto con toni così sconosciuti e primordiali da sembrare provenienti direttamente dalle faglie sotterranee della terra che si scontra e si divora in magma. Compie dei movimenti circolari, dei larghi giri quasi annodandosi su se stesso, pare perdere tempo, giocare.
Io ho la sensazione di rallentare, la macchina rallenta. Il tempo si dilata. La pressione ed il colore dell’aria cambiano. La Fantastica ringhia ed il Dragone smette di contorcersi, mi guarda di traverso, un secondo, sbuffa e fila in alto come una freccia partita da una balestra interrata. Su verso il Sole pallido che sta dietro alla coltre color metallo, che non fa male guardarlo fisso. Vedo la coda che continua a seguire verso l’alto la testa enorme della belva del fuoco, non se ne intuisce la fine, sale e sale. Poi cade a terra.
Appiattendosi, schiacciato al suolo come un treno caduto giù da un ponte in cielo, così fragorosamente da farmi sussultare. Sta dietro la nuvola di polvere e terriccio mista ad erba, osservandomi come una tigre nella vegetazione alta osserva il cibo prima di saltare. Vorrebbe attaccare, ma non può che terrorizzare. Incurva la schiena come un felino infuriato di fronte alla propria immagine, perchè solo questo può fare, nient’altro. E’ bloccato, a metà tra questo universo ed il suo. Le due dimensioni sono semplicemente appoggiate come fogli disallineati, non può afferrare chi è di qua, è un intruso lui, di qua. Non ha potere. A meno che… nel caso gli andassi addosso…
«Hai capito cosa sto pensando?» gli urlo dalla Fantastica che è tesa come un atleta in posizione agli anelli. Lui spalanca le fauci, la brace in bocca, ride cavernoso e falso. «Cosa ti farei» pare dire «vienimi addosso e vedrai!»
Poi mira verso terra, sparisce. Dove il suo spirito termina di passare, il muro torna immutato con le sue pietre tinte di muffe, erbe, rena, come se non fosse accaduto nulla. Un dolce ed utile artefatto umano. Appare di là, più in alto, sotto fronde di lauri e rosmarini striscianti, si contorce, si ribella e si contorce ancora. Si riempie di odio. C’erano tempi in cui contadini sfortunati, ad alba neonata o di ritorno, appena fattasi sera, invogliati magari da qualche corbezzolo maturo o dai terracrepuli saporiti, toccando il muro al momento sbagliato sparivano per sempre nella sua caldaia infuocata. Qualcuno si era salvato per un soffio ed anche se non era stato creduto aveva parlato:

«Vi dico che l’ho visto! Perchè un vu mi volete crede’ ?» tremando. « Ciavea una boccaccia piena di foco!» diceva ai suoi compaesani.«O che son uno da inventarsi di codeste bugie? E vi dico che son salvo pe’ miracolo!» Nessuno gli dava retta , tutti a dire che aveva bevuto del vino di troppo o che s’era addormentato in piedi, ma quando capitava che ci passassero accanto, hai voglia se ci stavano lontani. E poi la gente ogni tanto spariva davvero. E sempre nelle zone di Anchiano. Il muro era diventato minaccioso per la popolazione. A poco a poco, ne stavano lontani, sempre più lontani. Ma il Drago di Pietra non ha fretta. Gli uomini muoiono presto, la memoria si scolora ed a lui piace tornare. Succede però sempre che quando appaia sia un cattivo segnale, un pessimo presagio. «E Va bene, guardami pure dragone Sassoso!» gli urlo con tutto il fiato. «Dragone degli ulivi. Sai che ti conosco, non sono carne per i tuoi denti! Non puoi nulla. Non mi fai paura!! Vattene!Ti ord.»
Non lo fece neanche finire. Mi devo intromettere nel racconto, ma chi ha redatto il manoscritto scrive così. Non è più il protagonista in prima persona a raccontare ma un Narratore diverso, che continua in questo modo: … a quel punto Il Drago di Pietre dovette arrendersi e non c’è bestia più infuriata di un Dragone Mezzano dei Sassi che si senta sminuito. Un vociare diavolesco di mille voci disperate insieme gli spezzò la frase in bocca. Un coro di dannati misto al suono di un vulcano che gonfia urlò verso di lui e poi gridò il suo infinito disprezzo alla campagna intorno eruttando zampilli e fiamme terribili ed ininfluenti, muovendo la coda possente, scattando in avanti, come per fargli strada, per anticiparlo, aspettarlo più distante. Lunghissimo, potente, immortale bastardo, si allontanò, sibilando.
L’aria ritornò quella di quel mondo. Se ne andò. Mi ha raccontato la Fantastica che il suo padrone a questo punto sembrò crollare, l’Energia Negativa lo aveva comunque invaso, anche se per abbandonarlo immediatamente. Le disse: «Guida tu che io mi sono raschiato la gola e ho l’influenza» Starnutì. «Ecco… appundo… ETCIU’!! Baledizione!» E lei obbedì. Un po’ di curve ancora, le miriadi di mondi che si attraversavano, la dolce campagna che si faceva bella per il giorno. Il Montalbano si stirò la schiena.