La forza generatrice e poetica di Zarkana

[rating=5] Un Teatro rosso fiammante, su misura, oserei dire, perfettamente in simbiosi con la spettacolarità di uno show surreale ed immaginifico, ai limiti del possibile, in perfetto stile Cirque du Soleil: Zarkana all’ARIA Resort & Casino di Las Vegas.

Palcoscenico dunque quasi creato intorno allo spettacolo: comode calde poltrone, ci lasciano scivolare in un’altra dimensione, quella di un Teatro, abbandonato e riscoperto dagli stravaganti clown Hocus e Pocus, che con il loro fascino irriverente e senza tempo, svegliano i bianchi, barocchi spiriti del loco, una divertente “famiglia” alla Semianyki (leggi la recensione), i Movers, dove non mancano lo Scienziato Pazzo in compagnia di macchine e invenzioni, il Clown Pisolo, Ti – Boss, ovvero il domatore, la disincantata ballerina e la sposa incinta alla Kill Bill.

Caratteri esplosivi per gag e scene espressioniste, come lo schermo digitale su cui volteggiano mille orbite oculari, che ricordano il film emblema dell’espressionismo tedesco Il dottor Caligari, ma anche gli esperimenti scientifici dei primi dell’Ottocento, tra ampolle e lenti caleidoscopiche.

Zarkana

Il primo quadro si apre su una giocoliera che fa il suo ingresso a sorpresa da una scatola chiusa, per dare quindi prova della sua estrema abilità nel far sfilare una strabiliante moltitudine di palline da ping pong nell’aria, in una danza incessante e ritmica di difficile imitazione: sfrecciando, quasi come prolungamento del suo corpo, le palline rimbalzano sopra e sotto i tavoli, sopra puntelli e teste, grazie all’abile tocco di mano e piede della protagonista. La scena si sposta quindi su una lunghissima scala, dove due pompieri improvvisati sfidano equilibrio e vertigine per soccorrere il Clown Pisolo, intrappolato a più di 30 metri sopra il palco.

Ed ecco sbocciare la prima visione femminile, la Mandragola, dal cui dolce canto emergono due fratelli, gemelli per abito e stile, che attaccati a delle cinghie, si librano soavi sulle teste degli spettatori, creando giochi e intrecci di corpi e visioni, in una sala improvvisamente silenziosa sotto il loro impavido incanto. E tutti torniamo bambini, trattenendo il fiato stupiti, in quel circo dei primi del Novecento popolato di strani esseri alati e forzuti, il cui bianco e nero è pennellato di colori stroboscopici.

Zarkana

L’atmosfera cambia drasticamente, si compie un improvviso salto nel Medioevo degli sbandieratori, per ammirare la loro arte tanto nota nelle parate in costume d’epoca dei nostri borghi toscani, per quindi trasformarsi in un’allegra villeggiatura nel parco, dove i Movers inventano giochi infantili intorno agli artisti russi in precario equilibrio sull’asta.

Nuovo atto, nuova trasformazione femminile: la Kundalini, ovvero donna serpente, graffiante tra suoni esotici, circonda con palle di fuoco gli equilibristi, che sfidano la gravità e l’incanto pericoloso del fascino della Medusa. Il cannone dell’Inventore Pazzo si mette in moto inviando Pocus su un altro lontano pianeta, dove i gioviani extraterrestri eseguono acrobazie bizzarre su ruote giganti, mentre altri volano contorcendosi tra cerchi sospesi, ricordando per movenze e immagini famosi tableau dei Momix (leggi la recensione).

Zarkana

E come ogni visione che si rispetti, giunge l’Oracolo, un’artista che crea e distrugge per quindi dar nuova forma ad immagini di sabbia sul vissuto e su quanto profeticamente avverrà sul palco. Siamo allora pronti a nuove incarnazioni, prima nella Tarantola, la donna ragno, nelle cui coreografie simmetriche Debra Brown dà il meglio del suo operato, fino a giungere, in un crescente e comico coinvolgimento del pubblico, e passando dalla immaginifica macchina quantistica, all’apparizione di Lia, la donna bella come una rosa, rossa come la sua forza generatrice.

70 attori mostrano l’essenza recondita della fortuna del Cirque du Soleil, amalgama proteiforme di clown, ballerini, cantanti, atleti, strumentisti impreziositi dal fascino dei costumi di Alan Hranitelj, dalle musiche pop-rock intagliate su misura di Nick Littlemore e dalle perfette luci di Alain Lortie. 

François Girard dirige un mix di comicità e spettacolarità acrobatica e circense, che si fonde alla poesia nostalgica e magica di quel tocco alla Chaplin di Slava (ricordo il felice connubio per Alegrìa) per una visione lirica ed emozionante. Consigliata.

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