Comicità romanaccia al Teatro delle Celebrazioni di Bologna

Entra con un semplice “buonasera” Maurizio Battista, come se tornasse dalla cucina e il pubblico fosse seduto nel suo salotto. Ormai ha confidenza con questa città, anche se una persona del pubblico deve ricordargli che è la terza volta che viene a Bologna e non la seconda come dice lui. Interagisce col pubblico, scherza e fa conoscenza di molti delle prime file in platea, chiede come si chiamano e si informa se sono sposati e che lavoro fanno, si scusa che abbiano una luce puntata in faccia e chiama il tecnico per correggerla. Ne fa salire uno sul palcoscenico e scherza con lui. E’ completamente a suo agio, improvvisa e talvolta divaga, poi ritorna sul “seminato” delle battute preventivate con una naturalezza spiazzante.

Essendo abituati ai suoi interventi a Colorado, si nota un rapporto molto più intimo col pubblico, non è il solito spettacolo di cabaret dove il comico entra, racconta la sua parte e se ne va; siamo suoi amici, ci vuole conoscere, “se trovo un po’ di pastarelle restiamo qui tutta la notte”, ci racconta la sua giornata e ovviamente ne coglie il lato divertente o anomalo, “il comico racconta le cose che vive” e ancora “chi non sta male non fa il comico, io c’ho due mogli!”.

Si inizia dalla cronaca politica, “Napolitano ora l’avemo da fa campà 7 anni!”, per passare ad altri temi d’attualità, come le polpette dell’Ikea con contaminazione di carne di cavallo, “il problema è quando capiranno che non c’è legno nei mobili dell’Ikea!”; se suo figlio passa da 3G a 2G sul telefonino “so momenti brutti!”, specie mentre sta controllando il meteo: “ma arza lo sguardo no?!” “ma io controllo il tempo di Malta!”, la tecnologia ci toglie molti confini, ma a volte ci ostacola, “c’hai in casa 20 punti luce e non ce vedi un ca**o!”. E l’uomo ha il suo modo per interagire con la tecnologia: sull’aereo applaude all’atterraggio, “se ci schiantavamo lo fischiavamo?!”. Un’altra fonte inesauribile di osservazioni caustiche sono le cene al ristorante dove spesso ci si lamenta delle dosi della nouvelle cuisine, perché in questi piatti “c’è lo stesso quantitativo che usava mi mà per senti’ se è cotto!”, favorendo lo scherzo al cameriere che ci porta solo 5 tortellini “guarda che te ne so cascati 6 o 7 mentre venivi…”.

Un’altra fonte di freddure e battute sono le storie dei suoi genitori e dei suoi avi, come suo padre barista che apostrofava chi cercava di andar via senza pagare con “Signore il resto!”, oppure suo nonno che, ironizzando sul proliferare di “strane” abitudini alimentari, era solito dire: “Io sono stato vegano dal ’40 al ‘47”, cioè durante la guerra.

Con l’ausilio della lavagna luminosa, ci mostra una serie di fotografie di insegne di negozi, come quella di un caccia e pesca: “Fatti una canna e vieni a pescare”, cartelli, annunci, “attenzione gradini rotti” e sotto scritto a penna “per legge so cascato!”, e annunci presi dai giornali, come: “Telesalvalavita, usato, un mese di vita, vendita causa lutto”.

Unica nota fuori dal coro la dedica alla mamma scomparsa, una parte dello spettacolo ovviamente più seria dove Battista si relaziona direttamente a lei, rammaricandosi che non può essere presente in platea a spronarlo e, in caso, a sgridarlo.

E’ il momento delle richieste dal pubblico, che a gran voce vuole assistere al pezzo sul matrimonio e lui li accontenta, partendo dalla richiesta della mano della sposa al padre, “sono il fidanzato di sua figlia” “eh so brutti momenti pe’ tutti, io so sposato con la madre!”, che poi sfocia nella richiesta economica degli sposi ai genitori anche per realizzare il filmino ricordo del matrimonio, “perché pensi che te ‘o scordi?!”, fino ad arrivare al parente che al ristorante chiede una busta di plastica per portarsi via gli avanzi da dare al cane, ma il cane non ce l’ha: “er cane mo me lo compro!”.

Talvolta le battute hanno un odore di ”già sentito” in altri suoi pezzi comici, ma comunque lo spettacolo scorre liscio fino alla fine, molto divertente.

“Non so chiude, ve ne potete annà voi?”

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