
[rating=4] Tony Pagoda in carne e ossa si muove e canta sul palcoscenico, sotto una fulva parrucca laccata, occhialoni anni ’70, completo nero a paillettes da dove sbuca una camicia rossa con il colletto a punta (stile Al Pacino in versione Tony Manero) e stivali. All’interno della corazza da macho, abita la femminilità celata di Iaia Forte, en travesti nei panni del cantante cocainomane, alias Tony P, fuoriuscito dalla penna corrosiva di Paolo Sorrentino nel libro “Hanno tutti ragione”, dal quale la Forte si è ispirata per lo spettacolo omonimo visto al Florida di Firenze.
La messinscena si apre con il monologo (molto abbreviato) della prefazione del maestro Mimmo Repetto “Tutto quello che non sopporto ha un nome…”, virando tra le note di “Canta ragazzina” di Mina verso il cuore della performance. 5 grandi lettere luminose, poggiate a terra si accendono, componendo la minimalista scenografia: Tony P.
Delle varie avventure del cantante narrate nel libro, la lente è puntata sul primo capitolo, dove Pagoda accarezza il “sogno americano” nel concerto più importante della sua carriera, al Radio City Music Hall di New York, alla presenza del suo idolo, “The Voice”, Frank Sinatra. Per finire la notte in albergo con tre prostitute che lo derubano. La conclusione malinconica, tratta in gran parte dalle ultime pagine del libro, ci consegna un uomo solo, all’interno della robusta corteccia di lustrini e polvere bianca, di fronte all’inesorabile.
Uno spettacolo spassoso e ritmato, tra pensieri che si confondono a note, amalgamate ad alcol e cocaina. Un “concerto” emozionale dove Tony delizia i suoi fan cantando i suoi cavalli di battaglia come “Nient’altro che la notte”, tratta dal film di Sorrentino “L’uomo in più” interpretata da Antonio Pisapia (Tony Servillo) e “Nun è peccato” di Peppino Di Capri.
Una sorprendente Iaia Forte, mediante un ottimo lavoro sul corpo, con movenze e atteggiamenti tipicamente maschili, trova nella cavernosità della sua voce il punto di appoggio caricaturale per lo “Charlot della musica leggera” dall’accento partenopeo. La “maschera” di Tony ne avvolge il corpo, tanto da renderla irriconoscibile, sia come attrice che come donna. Dentro quei panni incontra l’anima malinconica e nostalgica del cantante, che gli permette di farlo vivere, corpo e voce, sulla ribalta.
Una riduzione scenica misurata, che nell’ora di spettacolo si focalizza in pochi punti del libro e pare avere come unico scopo quello di trasmette le caratteristiche sui generis, i cliché volgari e comici del personaggio di borgata, che profuma di Franco Califano. Un carattere tanto sfuggente quanto profondo e così dannatamente affascinante.