“Temporaneamente tua”, ma mai più “mia”

[rating=4] Temporaneamente tua: la scena si apre con l’emblema dell’innocenza, una mamma che culla una bambina mentre le racconta una storia. La storia in questione è “Le scarpette rosse” di Andersen, in cui una bambina rimane affascinata da queste scarpette rosse e fa di tutto per averle e successivamente sfoggiarle, ignorando tutto il resto pur di “apparire”; questo però la porterà poi ad essere fagocitata dalle scarpe stesse, che prenderanno vita e la costringeranno a ballare senza sosta finchè lei non si fa tagliare i piedi da un boia.

Questo dualismo tra futile apparenza e dura realtà ci guida lungo tutto il percorso, ricco di sfaccettature anche amare, ed è un dualismo che riguarda sia le prostitute che i clienti, ma soprattutto riguarda noi spettatori, emblema della società che sta lì seduta a guardare e giudicare.

Infatti lo spettacolo si snoda lungo vari racconti di prostitute, molto diversi tra loro, che ci fanno cogliere il lato umano, a volte fragile, a volte spietato, che si nasconde dietro una donna che vende il proprio corpo.

C’è la prostituta consapevole del suo ruolo sociale, contenta di ciò che è (“Io faccio la puttana, non sono una puttana!”), ovvero un porto sicuro per le frustrazioni e le perversioni che tantissimi uomini hanno e che non possono sfogare a casa perchè la moglie o la fidanzata hanno un altro ruolo, quindi non capirebbero, non vorrebbero, li lascerebbero.

Temporaneamente tua

E allora cosa fare, ricacciare indietro tali bisogni e fare finta di niente o attingere al ruolo che la prostituta, impersona, figura commiserata ma segreta e soprattutto pagata per tacere?

La risposta ce l’abbiamo, e ce la conferma lei, definendo la sua occupazione come un servizio sociale e confessandoci che poi lei alla fine un fidanzato vero ce l’ha, e che la prostituta la fa solo part-time, perchè ama fare anche la babysitter.

Questa si presenta come una prostituta consapevole, che è anche “altro” oltre alla prostituta ed è felice del tipo di vita che ha scelto; così come lo è la escort che compare poco dopo in scena, la quale tiene un blog sulla sua vita e a cui scrivono donne invidiose, che vorrebbero essere come lei, quando invece “essere invidiosi di una prostituta è come invidiare uno che mangia da Mc Donald…lo possono fare tutti, non c’è un esame di entrata”.

Infatti lei, tra un balletto sensuale e un altro, ci dice che essere sessualmente attraenti (e non semplicemente belle, n.b.) per noi donne è un dovere sociale, che ci permette di avere un posto ad ogni tavolo, e che fare la escort significa semplicemente aver messo un prezzo sul proprio potere sessuale.

Mi chiedono quanto costo, non quanto valgo”. Ed ecco che immediatamente ci si pone di fronte, brutalmente, il risvolto della medaglia, di chi non fa consapevolmente questo lavoro, di chi non lo voleva fare, ma è stata venduta o ingannata e non ha potuto far altro che cercare di dimenticarsi il suo corpo e di allontanarsi con la mente mentre tutti quegli uomini la toccavano, ne abusavano, la contrattavano, sperando un giorno di tornare a casa e lasciarsi tutto alle spalle.

O di chi è andata in un Paese straniero, accecata dal luccichio del guadagno facile, con un lavoro pulito, ma poi è finita su un marciapiede ed è costretta a fingersi una badante quando chiama a casa, per non confessare la triste realtà.

O di chi sembra aver accettato il suo destino, e ci racconta di quello che viene a venderle i vestiti direttamente sulla strada o dei buffi litigi con l’anziano che abita vicino al suo “posto di lavoro” e che le ruba le sedie per indurla ad andare via; ma poi improvvisamente diventa malinconica guardando il mucchio di preservativi che ha accanto, quasi tutti usati con lei, e si rende conto che, al di là di tutte le cose frivole che racconta, si sente sola e si considera semplicemente carne da macello.

Tutte queste sfaccettature sono rappresentate da Greta Zamparini, ideatrice dello spettacolo e coregista, insieme a Federica Bognetti, che si rivela molto brava nell’interpretazione, facendo percepire appena il cambio da un personaggio ad un altro e lasciando quasi spiazzato il pubblico in certi punti per la trasformazione repentina. La regia si rivela però poco incisiva e non molto in linea con la versatilità dei personaggi presentati in scena, ma forse è un effetto voluto e diretto a focalizzare l’attenzione del pubblico sul tema trattato.

Temporaneamente tua

Per i testi Greta si è servita di alcuni monologhi di Concita De Gregorio e di blog realmente esistenti, ma soprattutto di storie vere, raccontate dalle stesse prostitute alla Fondazione Somaschi, che nell’ambito del progetto “Segnavia” si occupa di donne vittime della tratta e che spesso è l’unica loro interlocutrice oltre ai clienti e ai loro aguzzini.

È proprio il fatto che molte delle storie raccontate siano vere, e non semplicemente frutto della fantasia di qualche macabro scrittore, a lasciare nel pubblico un senso di amarezza profondo alla fine dello spettacolo, che ha il pregio da un lato di far ridere, ma dall’altro di farci capire che dietro ogni prostituta c’è una persona, e che purtroppo molto spesso dietro quella persona c’è un aguzzino ed un groviglio di interessi economici che travolge qualsiasi traccia di dignità umana.

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