“Se a Didone il nulla pare”, la struggente passione della Regina vista da Sandra Rossi

Un gioiellino letterario rappresentato come raramente accade

Parlare di Didone ed Enea, di morte e passione, non è facile, perché ci riporta alla letteratura latina, gli studi, gli dei, il IV Libro dell’Eneide, dove è narrata la loro passione, eppure qui, la potenza emotiva, il narrato, l’interpretazione degli attori, bravissimi davvero e le musiche di Alessandro Palmigiani, ne fanno un gioiellino prezioso. Un racconto godibile anche per la brevità che vi coinvolge al punto giusto da assaporarlo bene nella sua intensità.

In scena sono in quattro, tre donne ed un uomo della Compagnia “Altrove”. Giochi luce che diventano il quinto attore, hanno un ruolo tutto loro, complici di una storia breve quanto struggente e poi la location, la SalaUno Teatro di Porta San Giovanni, quell’oscurità naturale che conferisce il pathos per seguire il dialogo. Didone si confronta con la sorella Anna, intorno compaiono alterne Selene e La Fama.

Un testo voluto e scritto da Sandra Rossi, in scena è Anna, sorella della Regina Didone con cui divide i suoi tormenti e sofferenze. Vorrebbe aiutarla ma non sa come, e nulla può fare se non ascoltarla o richiamarla alla vita, strappala a quel destino che sembra scritto nelle vene di una passione che uccide giorno per giorno. Quella passione lentamente la sta consumando mentre una città, nel fiore dello splendore, ne reclama la presenza attiva.

“Mi è piaciuto immaginare che Enea, l’eroe errante, non giungerà mai fisicamente nel regno della bella regina, come riportato dal mito. L’ho rappresentato come un semplice frutto del delirio della protagonista, consumato all’interno di un semplice cerchio di pietre, da cui Didone desidera evadere e dove macera la sua attesa. – spiega Sandra Rossi – I dialoghi all’interno del cerchio con la sorella Anna, a volte molto serrati, mettono a nudo la fragilità della solitudine e ne evidenziano la conflittualità”.

La messinscena è riportata su due piani, quello interiore e quello esteriore.

Suggestione e profondità per il finale quando Didone cede all’angoscia fino ad annullarsi, Selene sale sulle sue spoglie fredde, dall’alto, con un pugno di sabbia ricorda la natura a cui la donna (l’uomo) è richiamata quando, terminato il ciclo terreno scompare nell’oblio universale. E’ una rilettura intensa, forte, profonda quella avvenuta il 22 aprile scorso. Più che Didone, al centro del racconto c’è lo “zoom” su uno stato d’animo affranto che si sgretola, come sabbia, giornalmente fino a spegnersi del tutto. Non succede anche a noi? Che alla fin fine ci identifichiamo non con la nostra identità ma con un momento che potrebbe essere crescita ed alla fine gli diamo il benestare per distruggerci? Mi piace questo “spaccato” di Sandra Rossi. Un lavoro per chi ama riflettere, immedesimarsi, capire, isolarsi dal mondo per poi comprendere al meglio il mondo complesso dei…sentimenti che distruggono!

Al momento si lavora per far conoscere il lavoro anche fuori Roma, magari una tournée.

Una nota finale spetta ad Alessandro Palmigiani noto artista che rende prezioso il lavoro curando le musiche, come a cullare il dolore in certe scene o per staccare da un dialogo all’altro. Nel 1992 ha conseguito il diploma di laurea in scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Ha esposto in svariate collettive di tutto il mondo: New York, Londra, Cuba, Mexico City, Amsterdam, Parigi, Sidney, Genova, Bari, Milano, Bologna, Roma. Nel 2006 vince il “X Premio Massenzio Arte”. Nel 2009 partecipa al progetto “Intramoenia Extra Art” di Achille Bonito Oliva e Giusy Caroppo. Un artista oramai a tutto tondo, rapito dall’arte in tutte le sue declinazioni vocazionali.