
Promenade de santé – Passeggiata della salute è lo spettacolo, in scena la scorsa settimana al Teatro Niccolini di Firenze e ora al Teatro Franco Parenti di Milano, che segna il debutto teatrale del regista cinematografico Giuseppe Piccioni (autore di film quali Il rosso e il blu, Questi giorni, Fuori dal mondo), ad accompagnarlo in questo debutto la straordinaria coppia di attori composta da Filippo Timi e Lucia Mascino.
Promenade de santé, adattamento teatrale del testo di Nicolas Bedos, è una storia di amore e di malattia ambientata in una clinica psichiatrica dove i due pazienti, Timi e Mascino, si incontrano per caso finendo per innamorarsi.
Entrambi afflitti da malattia mentale e disturbi psichiatrici – erotonome, narcisista, alcolizzato e con tendenze suicide lui, ninfomane bipolare e mitomane lei – i due, ben consapevoli dei propri limiti e delle proprie falle, decidono di non viversi questo sentimento che li travolge, convinti che sia l’unico modo per preservarlo intatto e non rovinarlo con le loro perversioni e meschinità.
Ma così facendo la loro storia d’amore finisce per assomigliare più a un incontro di pugilato che a una relazione e round dopo round non vengono risparmiati colpi sotto la cintola, acuiti da un linguaggio senza peli sulla lingua, che lascia a casa ogni pudore. I due protagonisti di Promenade de santé si mettono a nudo difronte allo spettatore mostrandosi in tutta la loro miseria, senza però risultare mai pesanti o melanconici ma anzi ridendo dei propri difetti e sottolineandoli con ironia caustica.
Filippo Timi e Lucia Mascino donano ai loro personaggi un’incredibile forza e un grande realismo e questo, più che alla brillantezza del testo, è da attribuire alla loro bravura che da sola però non basta a portare avanti uno spettacolo che non riesce a convincere fino in fondo lo spettatore. Promenade de santé non trova infatti la forza di uscire dagli schemi classici di una narrazione ormai trita e ritrita del rapporto uomo/donna che perpetra stereotipi di genere già visti e ad oggi anacronistici. Quella che poteva essere allora l’occasione per rivisitare il tema dell’amore e delle relazioni, associandolo peraltro ad un argomento così delicato e ancora così tanto stigmatizzato quale la malattia mentale, finisce per essere invece l’ennesima commedia sarcastica su uomini traditori e donne un po’ puttane (passatemi il termine) e isteriche.
L’ultima annotazione a margine riguarda la stonatura che provocano i video di scena, in particolare quelli in cui appaiono gli stessi attori, che creano una realtà cinematografica che – in quel contesto – rompe la magia del teatro, dando allo spettatore la fastidiosa sensazione di essere stato catapultato senza preavviso nella sala di un cinema in cui gli attori sono lontani nel tempo e nello spazio e non più lì, davanti ai suoi occhi, con tutta l’umanità e la vulnerabilità di trovarsi sotto lo sguardo reale del pubblico.