
Cosa accadrebbe se ciascuno di noi potesse guardare come da una finestra dentro il proprio matrimonio? Certamente il punto di vista per così dire esterno, farebbe la differenza e ci porterebbe a indagare con maggiore interesse e perfino crudeltà, anche gli spazi più stretti e ostili della vita coniugale, che invece talvolta nel quotidiano, preferiamo ignorare, non ultimo per mere ragioni di sopravvivenza di coppia.
Eric-Emmanuel Schmitt ci offre con “Piccoli crimini coniugali” una delle sue pièce più rappresentate, l’opportunità di spiare e spiarci oltre il famigerato buco della serratura. Ecco allora sul piatto della scena, imbastita dall’apprezzato drammaturgo internazionale, una coppia per l’appunto: quella di Guido e Lisa, lui scrittore di grido e lei casalinga “devota”.
All’apparenza felici, senonché un misterioso incidente domestico fa perdere la memoria a Guido che, col capo fasciato di ritorno dall’ospedale, dichiara persino di non riconoscere sua moglie. E’ l’incipit di un gioco sottile e godibilissimo di scambi dialogici da grande maestro, che Giancarlo Fares nel ruolo di Guido e Sara Valerio in quelli di Lisa, restituiscono al pubblico del Cometa Off di Roma in tutta la loro autenticità.
Fares che, non ce ne voglia, ha assunto nel corso degli anni sempre di più una straordinaria somiglianza fisica col compianto Gassman, si muove agile nel ruolo del presunto smemorato di Collegno, condito con quel tocco di sarcasmo che in fondo se la gode a osservare la confusione altrui, non ultima quella di Lisa, una Sara Valerio che dal canto suo incarna perfettamente l’immaginario della consorte più giovane e un tempo piena di speranze, che pian piano si spegne dentro i silenzi di una relazione. E’ un botta e risposta affatto ritmato, ma non in senso negativo, non è la velocità di battuta o il rimpallo esasperato di frecciatine il senso di questo scambio verbale, è più un sottilissimo, elegante e raffinato incrocio di fioretti.

Parlano molto Guido e Lisa e ripercorrono le tappe del loro percorso insieme, non sempre in fondo poi così felice, come quello di chiunque altro. Forse proprio la tanto cara ai poeti e in certo qual modo quasi archetipica perdita della memoria in uno dei personaggi coinvolti nella trama, può essere proprio la giusta occasione per dirsi finalmente la verità. Oppure no, magari invece è il contesto perfetto per mentirsi, gettare la polvere sotto il tappeto, oscurare tutte le magagne dopotutto inevitabili di un matrimonio.
Nasce qui la genialità dell’equivoco, del filo sottile di bugie o verità sul quale l’egoriferito Guido e l’alcolizzata Lisa camminano come funamboli, quasi in attesa che uno dei due o entrambe cadano a terra, squarciando definitivamente il velo delle apparenze. Guido ha davvero perso la memoria? Lisa è davvero così innocua? Quel colpo alla testa fasciata di Guido è stato davvero solo un incidente? Vale la pena assistere almeno una volta nella vita a questa geniale rappresentazione di humor nero dal vivo per conoscerne le risposte.
La trasposizione italianizzata (su traduzione di Sergio Fantoni) del regista Nicola Pistoia, che trasforma l’originale Gilles in Guido e affida alla coppia di interpreti Fares-Valerio la mise en scène quasi dentro un quadro mobile, tableau vivant purgatoriale, in cui pare che i due debbano quasi forzosamente espiare tutti i loro peccati… Funziona! Complice anche l’azzeccato disegno luci di Francesco Barbera e le scene Saval, oltre che una visione registica garbata e ammiccante, l’opera ci offre davvero uno spaccato d’interni, tanto per usare un’abusata espressione borghesissima, proprio come Guido e Lisa, assolutamente godibile e degna dei nostri meritati applausi. Bravi!