
[rating=3] “I come Io: è per lui che recito, per farlo stare un pò zitto”. E’ per questo che scelgono un simile mestiere gli attori infatti, per dare sfogo al loro egocentrismo debordante, straripante, difficile da contenere se non su un palco, assumendo mille identità per sfuggire almeno un poco a se stessi, davanti a sconosciuti che pendono dalle loro labbra e alla fine battono le mani.
“F come famiglia: la cosa più difficile della mia vita, forse è per questo che non ne ho mai voluto una mia”. Difficile ancora oggi che un’attrice abbia l’approvazione dei suoi cari quando decide di intraprendere la strada difficile e impervia che porta sui palcoscenici e sui set, conducendo una vita libera e totalmente priva di sicurezze, figuriamoci ai tempi in cui Monica Vitti aveva 18 anni…sì, perchè è di lei che stiamo parlando, sue le frasi riportate, in suo onore lo spettacolo inscenato da Ketty Rosselli e Ottavia Bianchi, con l’accompagnamento al piano del maestro Antonio Nasco, al Teatro di Cestello di Firenze.
Il piccolo palco allestito come un camerino: specchi, manifesti con foto di Monica Vitti, costumi d’epoca, vecchie sedie: un allestimento scarno per uno spettacolo volutamente semplice, solo le due attrici che interpretano spezzoni di film famosi della Monica nazionale, cantano brani da lei interpretati nei film più famosi, si riappropriano delle parole con cui lei raccontava la sua vita affascinante di diva autoironica, intelligente e brillante, che ha cominciato nientepopodimeno che con Michelangelo Antonioni e la sua “tetralogia dell’incomunicabilità”( “L’avventura”, “La notte”, “L’eclisse”, “Deserto Rosso”). Monicelli fu il primo a fare di lei un’attrice comica, e poi i film con tutti i più grandi: Tognazzi, Albertazzi, Gassman e Sordi soprattutto: “Polvere di stelle”, “Amore mio aiutami”, ” Io so che tu sai che io so”.
Un convivere di malinconia e ironia, un mix unico quello impersonato dalla grande e pluripremiata attrice romana che si omaggia su questo piccolo palco fiorentino, in un’atmosfera da cabaret, con le attrici che vanno a infrangere la quarta parete e a dialogare col pubblico inscenando vecchi spezzoni di film intramontabili, ormai classici del nostro grande cinema.
Vengono interpretate anche grandi classici della canzone che la Vitti ha interpretato nei film più famosi, tra cui “Polvere di stelle”, pezzi di Caetano Veloso da lui composti per le opere di Antonioni, buffe poesie come “Il giorno ad urlapicchio” di Fosco Maraini, il tutto immerso in questo scenario piacevole da avaspettacolo cui il piccolo teatro fiorentino si presta egregiamente.
Come la Giuliana protagonista del bellissimo film del 1961 “Ti ho sposato per allegria” di Luciano Salce in cui la Vitti interpretava il personaggio uscito dalla penna di Natalia Ginzburg e chiedeva, stupita, al fascinoso e ricco marito (un Giorgio Albertazzi al top della sua prestanza): “Ma perchè mi hai sposato, appena mi hai conosciuto, dopo avermi visto che ballavo mezza nuda, ubriaca, a quella festa?”
” Ti ho sposato per allegria”. (E quale motivo migliore.)