L’Esorcista emoziona e conquista il pubblico al Teatro Olimpico di Roma

Una storia agghiacciante e coinvolgente al tempo stesso che fa scaturire una riflessione filosofica sul Male e sulla natura umana

Il Diavolo al Teatro Olimpico di Roma: in carne ed ossa, senza veli né orpelli. Va in scena questo horror dai risvolti filosofici, L’Esorcista, per la regia italiana di Alberto Ferrari, con un cast eccezionale: Gianni Garko, Claudia Campolongo, Viola Graziosi, Andrea Carli, Jerry Mastrodomenico, Massimiliano Lotti, Michele Radice, Simone De Rose. La voce della protagonista, Regan, non è registrata, ma è proprio la sua, come ci ha spiegato l’attrice a fine spettacolo. La storia è tratta dal romanzo “L’Esorcista” di William Peter Blatty ed è stata riadattata in due atti. L’autore scrisse il libro ispirandosi ad un caso di esorcismo realmente accaduto nel Maryland nel 1950. Lo stesso Blatty, in seguito, scrisse la sceneggiatura del film, per il quale vinse l’Oscar nel 1974.

Siamo a Boston nel 1974. Una madre, rimasta sola con sua figlia, che cerca di fare carriera come attrice – lasciandola spesso sola – ma improvvisamente la vita familiare viene sconvolta dall’entrata in scena del diavolo. Il Male s’impossessa della piccola Regan. La trasforma nel corpo e nella psiche, nel linguaggio, nei comportamenti, la fa ammalare. Diventa un demone, blasfema, corrotta dal sesso, con una forza fisica indescrivibile. Nessun medico riesce a capire cosa le stia succedendo, le radiografie all’apparenza sono perfette. Non è schizofrenia, non è un disturbo della personalità, non è qualcosa che la razionalità, la scienza, la medicina possono spiegare. La ragione si ferma laddove serve la Fede, il cuore, la speranza. Eppure è solo una bambina, innocente per definizione, perché proprio a lei? Dove e come appellarsi a Dio per recuperarla?

Dio c’è sempre, come dimostra il giovane prete che l’aiuterà, ma non sappiamo come e quando. Una cosa è certa: per combattere il Male non dobbiamo negarlo, anzi, riconoscerlo. Padre Merrin, verso l’epilogo, in un bellissimo discorso alla madre di Regan, sottolinea proprio come il male sia in tutta la società e spesso è subdolo, non evidente o manifesto come in questo caso, quindi più difficile da estirpare e combattere: “Il demone è bugiardo. Mentirà per confonderci e alle menzogne mescolerà anche la verità per aggredirci”.

È un teatro fisico e psichico al tempo stesso perché oltre all’azione, ai gesti, alla mimica del corpo e facciale c’è ragionamento, riflessione e quasi “contorsione” del pensiero. Ci sono diversi effetti speciali (risatine sataniche, lievitazione, vomito, teste rotanti, finestre che si spalancano all’improvvisa, la tavola Ouija, tuoni, fulmini, saette), ma il soprannaturale sconvolge così tanto da inquietare tutti gli animi, perché è inspiegabile, indescrivibile e se capitasse a uno di noi?

Impossibile non compararlo al famoso film di William Friedkin, uno degli horror più agghiaccianti. A teatro però l’horror si tocca con mano, è nudo, non può celarsi dietro ad uno schermo, non si possono prendere le distanze. È lì e lo stomaco si aggroviglia. La recitazione e l’interpretazione di Claudia Campolongo sono straordinarie, rende sul palco quella dualità, data dalla compresenza nel suo corpo di bambina e diavolo, in maniera ineccepibile. La suspense è in ogni tuono e fulmine fino alla catarsi finale. L’esorcista esorcizza, ma a caro prezzo.

Ma esorcizzare cosa vuol dire? È qualcosa che ci mette in relazione con le nostre paure più profonde, i nostri segreti inconfessabili. Una battaglia sanguinosa, il Bene contro il Male, la fede contro il dubbio, l’egoismo contro l’altruismo. Inevitabile fare vittime. L’opera di purificazione non è mai indolore.

Una menzione di merito alla regia e alla scenografia, oltre alle musiche e a tutti gli attori come sottinteso. “Oltre agli effetti speciali, alla musica, alle luci, ai suoni, alle proiezioni, alla scenografia multipla, cinematografica quello che verrà realmente messo in scena sarà la natura umana”, ha dichiarato il regista, “quella natura umana messa in scena ed esibita. Qui, messa a nudo, indifesa e piena di tremori.

E il riadattamento teatrale funziona perché in scena c’è un dramma familiare, c’è brivido, c’è crisi di identità, gelosia, una bambina che si sente trascurata, il senso di colpa da parte della madre, omicidi, suicidi e tanta umanità. Sono tutti colpevoli perché l’innocenza non è di questo mondo.