LE DONNE GELOSE | Goldoni all’ennesima potenza

[rating=5] “Questa, Lettor carissimo, che or ti presento, è una Commedia veneziana, venezianissima, che forse felicemente non sarà intesa da chi del costume nostro e della nostra lingua non sia informato.”

È con queste parole che Carlo Goldoni introduce Le donne gelose, la sua prima commedia interamente in veneziano, il cui spirito è ben reso dall’ adattamento a cura di Giorgio Sangati, in scena fino al 22 novembre al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano.

Commedia non solo in veneziano, ma su Venezia e i sintomi del suo declino economico e morale: andata in scena per la prima volta nel 1752, vede come protagoniste due famiglie di bottegai, entrambe composte da mogli gelose e pettegole, Giulia (Valentina Picello) e Tonina (Marta Richeldi), nonché da mariti violenti e col vizio del gioco, Boldo (Paolo Pierobon) e Todero (Leonardo De Colle); entrambe senza figli, a sottolineare la strisciante sfiducia per il futuro della Serenissima. A catalizzare l’attenzione delle due coppie per motivi diversi, sarà la vedova Lugrezia (Sandra Toffolatti), capace di destar scandalo tra le benpensanti donne veneziane per il sol fatto di non volersi risposare dopo la morte del marito, volendosi godere, per sua stessa ammissione, la libertà riconquistata. Sullo sfondo una Venezia cupa e silenziosa in cui, nonostante si stia celebrando l’ennesimo Carnevale, c’è davvero poco da festeggiare e dove perfino l’unica maschera della commedia, uno sbiadito Arlecchino interpretato da Fausto Cabra, testimonia come i tempi (anche teatrali) stiano per cambiare. Inesorabilmente. Una commedia, insomma, in cui si sorride a denti stretti delle miserie altrui che, in ultima analisi, sono specchio delle nostre quotidiane piccinerie.

Dal punto di vista squisitamente tecnico, l’allestimento curato da Giorgio Sangati, che porta a termine un lavoro iniziato e mai concluso da Luca Ronconi, è una macchina perfetta, in grado di mettere in scena uno spettacolo che, pur durando tre ore, non accusa mai cali di ritmo. Questo grazie anche ad un cast affiatato che vince la non facile sfida di recitare in veneziano (sovratitolato, fortunatamente per gli spettatori in sala) risultando al tempo stesso credibile. Belli, infine, i colorati costumi di Gianluca Sbicca, ben valorizzati dalle nere ed essenziali scene di Marco Rossi, che contribuiscono a creare l’ atmosfera crepuscolare in cui un’intera città è stata inghiottita.

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