
[rating=3] L’attrice-feticcio di Ferzan Ozpetek, la caratterista di “Le fate ignoranti”, “Saturno contro” e “La finestra di fronte” Serra Yilmaz apre la scena di questo lungo e fascinoso racconto corale di una famiglia di Istanbul.
Lo spettacolo ha idealmente preso il posto dello storico “L’ultimo harem” dello stesso regista, Angelo Savelli, sempre turca l’ambientazione, sempre con i fidi Serra Yilmaz, Valentina Chico e Riccardo Naldini. “La bastarda di Isatanbul” al suo secondo anno di rappresentazioni al Teatro di Rifredi registra ad ogni data una sala gremita pronta a farsi affascinare da una storia che ha il sapore di altri tempi, da un cast affiatato e composito, da una drammaturgia assai particolare dove i personaggi si raccontano in terza persona e a cui fanno da sfondo le video-scenografie di Giuseppe Ragazzini, grazie alle quali si aprono le finestre di una Istanbul animata e ironica, affascinante e istrionica, un porto di mare ricco di pirati, avventurieri, storie d’amore e di coltello. Particolarmente spassosa la descrizione del caffè Kundera a Istanbul, dove gli intellettuali si ritrovano per poter confrontare liberamente le loro idee e dove si trovano personaggi quali il “Poeta Eccezionalmente Privo di Talento” o lo “Sceneggiatore Non-nazionalista di Film Ultranazionalisti” sempre grazie al supporto del visual artist Giuseppe Ragazzini, il quale crea divertentissimi spazi virtuali con le sue espressive video-scenografie.
La storia è tratta dal libro best-seller di Elif Shafak e racconta la storia della famiglia Kazanci, un agglomerato in cui, causa forza maggiore, vige il matriarcato, come in “Speriamo che sia femmina” di Monicelli. Il padre è morto, l’unico figlio maschio, Mustafa, viziato dalla madre e perciò disadattato fuori dalle mura domestiche, è stato mandato a studiare in America. Vivono insieme a Istanbul la madre con le le figlie e poi con la nipote avuta dalla figlia più ribelle fuori dal vincolo del matrimonio e di cui la madre non ha mai rivelato a nessuno l’identità del padre (la bastrada di Istanbul, appunto) e crescendo senza l’opprimente autorità patriarcale che caratterizza i nuclei familiari turchi le ragazze sembrano un pò stravaganti nella società in cui si trovano a vivere.
Nel frattempo proseguono anche le disavventure di Mustafa, spedito in America, che si sposerà con l’americana Rose mentre la figlia di lei diventerà un personaggio chiave nel far disvelare i segreti dell’intricata vicenda, complice la zia veggente Banu interpretata da Serra Yilmaz, custode di un atroce e inconfessabile segreto. Ne uscirà fuori un passato che si intreccia con la tragedia del genocidio armeno del 1915 perpetrato dai turchi e il ritratto di un popolo e di una città multiculturale, un intreccio di visi, razze, storie dal gusto unico e pieno di sorprese, come il dolce tipico turco, l’ashure, così importante in questo ricco racconto.
A guidarci dall’inizio alla fine di questa storia l’attrice turca Serra Yilmaz, ormai adottata artisticamente dal nostro paese, la cui recitazione estremamente naturale fa sì che lo spettatore non perda il filo della storia che si dipana tra passato e presente, tra Turchia e America, tra tanti personaggi. E’ una storia collettiva, e in modo collettivo doveva essere raccontata, per non dimenticare, perchè le tragedie del passato non si ripetano ancora.