La ballata del carcere di Reading

[rating=3] È il 20 novembre 1895,Wilde, condannato a due anni di lavori forzati per sodomia, viene trasferito nel carcere di Reading. E quella stessa gente che aveva adorato il “dandy”, ora, lungo il ciglio della strada, gli vomita addosso insulti e sputi. La detenzione diventa l’occasione per riflettere sull’ipocrisia umana e sull’inutilità della pena capitale.

Ma non parla di sè, del suo dolore, della sua umiliazione,bensì di un altro uomo. Durante l’ora d’aria incrocia lo sguardo di un uomo, cammina tra gli uomini colpevoli, ha una giubba grigia e il passo leggero, ma guarda il cielo come nessun altro, scrutando con l’occhio ansioso quel minuscolo lembo d’azzuro. In quel momento Wilde non sente più la sua pena,vuole soltanto sapere perché quell’uomo guarda così verso l’alto.

“L’aveva ucciso ció che amava e perciò doveva morire. Eppure ogni uomo uccide ciò che ama, ma non tutti vanno poi a morire. Ma lui era destinato a “dondolare sulla corda”, come dicevano gli altri condannati. Finché in una giornata annunciata da un vento gelido, sotto dei tetri rintocchi, quell’uomo ha smesso di respirare ed è stato gettato nudo come un cane nella terra senza un fiore, senza una preghiera. Ma quella stessa terra fará fiorire rose rosse e bianche che mai perderanno i loro petali.

Un atto d’accusa contro la crudeltà dell’essere umano fatta attraverso “una ballata”, affinché possa arrivare a tutti. E il parlare aristocratico si fonde col gergo carcerario in una rima perfetta. Perché la gente deve sapere, deve conoscere questa storia.

Giovanna Marini trasforma in cinque ballate il testo partendo da Shubert arrivano ai Beatles. Supera il problema dell’italiano e della sua famosa “sillaba in più”, mantenendo l’inglese: così esce dalla costruzione accordale per entrare in completa sintonia con la sillaba. E si alterna la “sua” voce, con quella di un grande Orsini-narratore.

Perché due sono le voci che tutti abbiamo in testa,una maschile e una femminile. E in Wilde quella più forte era quella femminile.

Una messa in scena che conduce lo spettatore per mano,come se improvvisamente fosse tornato bambino, raccontandogli l’abominio che l’uomo adulto compie consapevolmente ogni giorno. Una passeggiata intima e commossa verso l’inferno quotidiano che alcuni vivono, che molti ignorano. Quell’uomo, che giace lì in una fossa. aveva ucciso la cosa che amava e perciò era morto.

“Eppure ogni uomo uccide ciò che ama. Alcuni uccidono con uno sguardo beffardo, altri con una parola adulatoria. Il vigliacco uccide con un bacio, l’uomo coraggioso con una lama sottile”.

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