
Il risveglio di Pippo Delbono, andato in scena al Teatro Metastasio di Prato, è uno spettacolo carico di emozioni che vibrano e si diffondono, avvolgendo il pubblico in una riflessione intima e dolorosa.
Dopo Amore, anche ne Il risveglio Pippo Delbono intreccia musica e poesia, per esplorare la memoria, la perdita, e l’intenso legame con persone amate, come Bobò, suo compagno di scena per oltre vent’anni, e Pina Bausch, la celebre coreografa. Delbono scava nelle radici del suo dolore più profondo: la perdita di Bobò, storico membro della sua compagnia e amico da una vita, che Delbono aveva incontrato in un ospedale psichiatrico e con cui aveva instaurato un rapporto artistico e umano indissolubile. Era divenuto un simbolo di autenticità per il suo teatro, rappresentando un’umanità fragile e vera.
Il dolore di Delbono viene espresso e amplificato dalla scelta musicale, che gioca un ruolo fondamentale in questo spettacolo, non limitandosi a essere un mero accompagnamento, ma divenendo un vero e proprio personaggio che partecipa alla narrazione.

Lo spettacolo infatti si apre con Domani è un altro giorno, interpretata da Ornella Vanoni in video, come un’apparizione eterea che evoca la ciclicità del dolore e della guarigione. Nonostante la sofferenza, c’è sempre spazio per un nuovo inizio, un risveglio.
Non mancano richiami anche all’epoca rivoluzionaria degli anni ‘70, con canzoni come See Me, Feel Me degli Who e Volunteers dei Jefferson Airplane. Questi brani fanno risuonare un’energia ribelle e comunitaria, ma qui vengono usati come simbolo di una rivoluzione ormai passata, un’idea che appare remota e quasi nostalgica, come un’eco lontana.
“Rivoluzioni interiori” ormai passate, che assumono un tono melanconico, dove la forza appartiene allo ieri, e l’oggi e il futuro appaiono come un enorme punto di domanda, un vuoto, colmato parzialmente dall’arte e dal teatro.
Non solo una perdita di persone care, ma anche di quel fervore collettivo e quella speranza che un tempo sembravano possibili, è quello che sembra suggerire Delbono, invitando lo spettatore a meditare su come le speranze di cambiamento si trasformino e, a volte, sfumino con il passare del tempo.
Una lenta elaborazione del lutto emotiva, un insicuro ritorno alla vita, mentre gli attori della compagnia si muovono in uno spazio scenico desertico, danzando, come in un rituale salvifico, alla ricerca di un risveglio personale, e universale.

Tra i membri della compagnia, si riconoscono alcuni volti noti come Dolly Albertin, Grazia Spinella e Pepe Robledo, che da anni collaborano con Delbono, che con gesti e danze offrono una continuità a quel linguaggio poetico e spesso crudo che contraddistingue le sue opere. Ogni interprete sembra condividere con Delbono un frammento del proprio vissuto, in un insieme che risulta al contempo corale e individuale.
Gli attori sono affiancati dal violoncellista Giovanni Ricciardi, la cui musica dal vivo intensifica l’atmosfera malinconica e contemplativa.
Le luci e le proiezioni video giocano un ruolo cruciale, trasformando il palcoscenico vuoto in uno spazio meditativo, dove cumuli di sabbia e croci amplificano il sentimento di perdita e il desiderio di risveglio.
In bilico tra il bisogno di andare avanti e l’impossibilità di dimenticare chi non c’è più.
Attraverso Il risveglio, Pippo Delbono non cerca di nascondere il proprio dolore, ma lo abbraccia e lo trasforma in un’opera che tocca profondamente, invitando a una riflessione sulla perdita e sulla memoria. In scena non c’è solo un omaggio a Bobò, ma un messaggio universale sulla nostra capacità di convivere con il vuoto lasciato da chi non c’è più e su come il teatro, ancora una volta, con il suo potere taumaturgico, diventi un luogo di resistenza e trasformazione, un rifugio per anime ferite.