Il prezzo della vita

Al Teatro della Pergola di Firenze, una perla oscura di Arthur Miller, raramente sui palcoscenici italiani.

[rating=4] Sarà sobria e semplice la regia di Massimo Popolizio. Ma la sua asciuttezza incrinata la rende intrigante. Pensiamo al rumore arrugginito delle gru che demoliscono gli edifici del quartiere; o al charleston che fa a cazzotti col clima agro e velenoso tra Viktor, Esther e Walter. Il punto di rottura è Solomon, folle broker dalla vita romanzesca.

Egli è ovunque vi sia un divorzio o un evento traumatico, “raccatta i pezzi” delle case, dell’arredamento, delle relazioni; dà un prezzo alla vita altrui. Lo strambo personaggio piomba nell’appartamento del represso poliziotto Viktor, per fare una stima e comprare in blocco i mobili appartenuti al padre morto 15 anni prima – un reduce del crollo di Wall Street e della crisi del 1929. L’appartamento sta per essere buttato giù, e bisogna liberarsi dei ricordi, della paccottiglia del passato; nonché dell’arpa materna; anche a costo di rimetterci.

La trattativa tra i due uomini è una scena piena di picchi e contrasti ritmici, che Arthur Miller dosa ad arte, e che i due attori giocano con una precisa intermittenza emotiva. Proprio qui la pièce suona perfettamente accordata con la nostra epoca. “Tutto è sostituibile”, secondo Solomon, dai mobili alle mogli. Se in passato per risollevarsi – dice U.Orsini nella pelle del personaggio – l’uomo pregava o scatenava una rivoluzione, adesso fa acquisti. E sul più bello, quando l’affare sembra concluso, appare Walter: il fratello affermato, il chirurgo di successo. I rancori esplodono come un’artiglieria impazzita. Le colpe si sciolgono, si pietrificano, l’acida presa di coscienza di una famiglia sfasciata e senza amore, porta i due fratelli a una tregua silenziosa, senza soluzione alcuna.

Drammaturgia chirurgica ma tenera e pietosa, in stile angloamericano dove l’umorismo, il tragicomico e lo psicodramma come una marea inondano la scena, Il prezzo è un oscuro seminterrato, illuminato da eccellenti interpretazioni. Ricordiamo Elia Schilton nei panni di Walter, Massimo Popolizio nei panni dello spaesato Viktor e Alvia Reale in quelli dell’insoddisfatta e infelice Esther. Lode a tutti, ma a Umberto Orsini un pò di più.

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