
Uno scorcio di verde, vivo e in movimento, con una rotaia infinita come unica testimonianza della presenza umana. Dopo Migone, Cevoli, Comaschi, Pintus, Sconsolata, Gioele Dix (solo per citarne alcuni), chiude la stagione della risata al Teatro delle Celebrazioni di Bologna Giuseppe Giacobazzi, ultimo solo in ordine cronologico, con lo spettacolo “Io ci sarò”, per il testo anche di Carlo Negri (che lo ha già aiutato nei precedenti spettacoli “Un po’ di me”, “Del mio meglio” e “Confessioni d’estate”).
Lo spettacolo scaturisce da una semplice constatazione del comico romagnolo: ha 54 anni e sua figlia 4 anni, perciò, vista l’età media a cui si hanno i figli oggigiorno, potrebbe non riuscire a vedere mai i suoi nipotini. Da questo ragionamento scaturisce il videomessaggio diretto alla sua futura nipotina, nel quale il comico si può raccontare direttamente e non per interposta persona, oltre a dare qualche piccola raccomandazione e consiglio.

Se la tematica non è propriamente allegra, le battute di Giacobazzi sono veramente esilaranti: non ci si limita a lanciare qualche buona battuta di tanto in tanto ma se ne sparano una dietro l’altra in rapida successione, tanto che ad un certo punto il comico ci concede una pausa dicendo: “ragazzi, respirate!”.
Gli argomenti trattati sono alcuni tra i suoi cavalli di battaglia (il navigatore satellitare, lo smartphone, etc), e altri più “freschi”, come la parte su Superman e Bruce Lee. Il comico emiliano cerca di immaginarsi il futuro della sua nipotina e quale idea lei potrebbe farsi del nostro presente, cioè il suo passato. Inevitabilmente si ricade un po’ nel “ai miei tempi era meglio di oggi”, la solita critica mossa dalle persone più anziane nei confronti dei giovani d’oggi. In questo Giuseppe rischia di diventare quello che in dialetto bolognese viene definito “omarel”, cioè la figura mitologica umana in pensione che va a contestare i lavori edili per strada, con le braccia incrociate dietro la schiena e il cappello in testa.
Ovviamente il timore di Giacobazzi è che se già in una generazione la società è “peggiorata” così tanto, cosa potrebbe succedere con il passaggio di due generazioni? Questa sensazione amarognola è appena percettibile durante lo spettacolo, che sancisce Giuseppe come uno dei migliori comici di questi anni: due ore di monologo che volano letteralmente via, con persone del pubblico che a fine spettacolo lamentano crampi a mandibola ed addominali.
“chieditelo, tu sei felice?”