Anna Bolena di Donizetti al Teatro alla Scala di Milano

Anna Bolena di Gaetano Donizetti, capolavoro del belcanto italiano, torna alla Scala di Milano nella produzione di Marie-Louise Bischofberger per l'Opéra National de Bordeaux. Nel ruolo protagonista due esordienti scaligere in alternanza: Hibla Gerzmava e Federica Lombardi.

Gatenao Donizetti aveva composto l’Anna Bolena su commissione del Teatro Carcano nel 1830, con un cast d’eccezione e in diretta competizione con il Teatro alla Scala. Fu un successo clamoroso, che sancì la notorietà nazionale e internazionale del compositore bergamasco.

Capolavoro belcantistico, Anna Bolena si impone per la spiccata centralità della protagonista eponima: non solo per la complessità tecnica e musicale della partitura, ma anche e soprattutto per la forte caratterizzazione psicologica e drammaturgica. Anna è il fulcro della vicenda esteriore ed interiore benché, agli affetti pratici, ne sia vittima innocente e innocua.

Per un ruolo così delicato e per un’opera così difficile i teatri di tutto il mondo preferiscono dimenticare Anna Bolena e solo dopo molti decenni è tornata finalmente alla Scala nella versione di Marie-Lousie Bischofberger per l’Opéra National de Bordeaux, nell’edizione critica di Paolo Fabbri per la Fondazione Donizetti di Bergamo.

foto di Teatro alla Scala

L’allestimento della Bischofberger non entusiasma e raccoglie sonori fischi. Non convince l’abbondanza di oggetti del tutto insignificanti e di incomprensibile utilità disseminati sul palco (ad esempio la schiera di scarpette, i ceri e i piccoli poliedri a L scuri attorno al trono, il grande specchio, lo stesso trono raffazzonato), nonché la presenza gratuita di grossi cani da caccia o della bambina nei panni di Elisabetta che compare qui e là con fare giocoso o il prigioniero maltrattato e bendato. Non convince l’impianto stesso della scenografia, di Eric Wonder, lo squarcio a forma di quadrato grossolano poggiante su un vertice che apre il fondale a videoproiezioni di uccelli neri e la gestione degli spazi attraverso pannelli mobili neri che non conferiscono riferimenti spaziali coerenti. Infine, i costumi, di Kaspar Glaner sono di foggia completamente diversa l’uno dall’altro, come se i personaggi siano di epoche diverse, ma senza una chiarificazione esplicita del senso di questa scelta (Enrico in mantelloni rinascimentali, Anna in lussuosi abiti da Traviata, Percy uscito da un film neorealista e Smeton con zimarra e tricorno alla Cherubino).

Non convince poi in generale la gestione delle masse e dei personaggi, che entrano ed escono di scena senza un senso compiuto (ad esempio: perché alla stanza di Anna i protagonisti accedono a casaccio da ogni parte?), finendo per creare più confusione del necessario.

Anna Bolena
foto di Teatro alla Scala

E persino il finale pare del tutto fuori luogo, con le serve di Anna che sventolano il lugubre e lunghissimo velo nero che la moritura si è gratuitamente cinta in capo e nel quale si avvolge nell’afflato finale: è delirio, sogno, realtà o tutte e tre le cose insieme?

Se da un lato sembra che la Bischofberger abbia voluto imprimere all’opera un carattere decisamente funereo, forse sottolineando la fugacità delle frivolezze terrene contro la tragicità del destino umano, è pur vero che l’intento è stato tradito dalla realizzazione, caratterizzata da una disomogenea asimmetria fra l’astrazione della scena scura e frastagliata e le molte distrazioni sparse in ogni dove. È stato mancato l’obiettivo e la potente angoscia drammatica di Bolena è stata sommersa dalla pletora di azioni e oggetti sconnessi fra loro.

Anna Bolena
foto di Teatro alla Scala

Ugualmente poco entusiasmante la direzione musicale di Ian Marin, che sarebbe passata pressoché inosservata se il cast avesse superato la prova del pubblico a pieni voti.

Delude infatti l’Enrico VIII di Carlo Colombara, che calca la scena nonostante l’evidente indisposizione e fornisce una prova di sé ben al di sotto delle aspettative e delle capacità già più volte affermate. Impietosi e ingrati i fischi e i bu a suo carico.

Si alternano nel ruolo protagonista due esordienti, Hibla Gerzmava, vista in Prova Generale, e Federica Lombardi, ascoltata in recita il 23 aprile. Entrambe di notevole verve teatrale e di grandi qualità musicali, reggono la difficoltà della partitura e la complessità della parte, ma risentono dell’assenza di definizione del ruolo che ne esce piuttosto appiattito. Molto applaudite per la notevole esibizione tecnica.

Molto bene Piero Pretti, Lord Percy, l’amante di Anna Bolena e concausa delle sue sciagure, anche il tenore ha goduto del favore del pubblico.

Meno entusiasmante la Jane Seymour di Sonia Ganassi, tardivamente pentita rivale in amore di Anna, che non si è particolarmente distinta sulla scena ed è passata quasi inosservata. Del resto come Mattia Denti, Lord Rochefort, fratello della Bolena, che fornisce un’ottima prova di sé, ma non emoziona gli ascoltatori.

Bene il paggio Smeton, ingenuamente innamorato della Bolena e inconsapevole suo accusatore, nei suoi panni una spigliata e convincente Martina Belli en travesti.

Ottima l’esibizione del Coro del Teatro alla Scala, come sempre diretto dal maestro Bruni Casoni.

Anna Bolena
foto di Teatro alla Scala

Difficile la valutazione dello spettacolo, che delude per la messinscena e non eccelle per esecuzione musicale, ma che dev’essere tutto sommato giustificato per la complessità dell’Anna Bolena. Nel giudizio d’insieme comprendiamo e giustifichiamo i fischi alla regia, ma non riteniamo di condividere i risentimenti contro direttore e cantanti.