
[rating=5] 82 film citati. Un’attrice e un regista in scena. 65 minuti di monologo. Movies, Monstrosities&Masks è una creazione che lascia diversi e attraversati da qualcosa di indescrivibile. Una lampada dei desideri con cui paure, ricordi, luoghi inesistenti evaporano e tornano allo stato solido.
La voce oscura di Roberta Bosetti, la scrittura vertiginosa di Renato Cuocolo, il reale tavolo della cucina della coppia – inondato di oggetti – genera un universo fatto di catrame morbido e figure evanescenti. Pensieri generati nel buio del cervello, tra terminazioni nervose e vita passata, sono remixati con riprese in diretta della scena e proiezione automatica sullo sfondo (a opera di cuocolo.) La realtà si moltiplica, come lo specchio ridotto in frammenti in cui Jack Lemmon, nel film L’appartamento, dice di riuscire a intravedere meglio la sua essenza. I paralleli scorrono incessanti. Chi siamo stati, cos’era l’incendio che ci ha generati, come siamo diventati oggi. Su questi lunghi piani sequenza scorre la treccia del racconto di un’interprete quasi posseduta di bravura, dalla voce “di caverna.”
L’importanza del cinema nella storia privata dei due artisti è il fuoco centrale di tutta la narrazione. A ogni tappa mentale e autobiografica corrisponde lo sguardo di un divo hollywoodiano, la sequenza di un film in bianco e nero, un fotogramma a colori. Le mostruosità della vita – come la morte del padre della Bosetti in tenera età -, tornano a infastidirla e a chiamare un vortice di parole misteriose, che scorrono nell’auricolare in dote a ogni spettatore. Veniamo a sapere della sua infanzia, mescolata con i film di Hitchcock e Biancaneve della Disney; della sua adolescenza solitaria, dell’amore, del matrimonio felice. E della rivelazione, il teatro: la voglia cieca di morire e rinascere a comando, di annullarsi per divenire chiunque o un pezzo di aria, con cui forse parlare una lingua nuova, e perdere di vista noi stessi.
Questa Compagnia – definita “la punta di diamante della performance contemporanea australiana” – che da anni recita in hotel, case private, luoghi in disuso, è riuscita sicuramente nell’intento (forse involontario) di sfondare muri invisibili, di costruire nuove serrature da cui sbirciare il caos della vita.