
L’idea di Jordi Galceràn, nella sua commedia “Cancun”, non è nuova. Indagare con un po’ di sadismo e molto disincanto l’origine dell’amore, delle nostre scelte di vita. Siamo sempre liberi di scegliere quello che riteniamo meglio per noi? Che cosa condiziona le nostre decisioni? La conclusione un po’ amara è che il caso, le coincidenze governano tutto quello che facciamo, lasciandoci credere di essere liberi e autonomi nelle nostre azioni. Anche quando ci illudiamo di aver modificato a nostro vantaggio il destino che stava per compiersi.
E quale terreno più fertile per provare questa verità se non il rapporto di coppia? La storia è semplice. Due coppie di amici, Francesca e Giovanni insieme a Laura e Paolo, entrambe sposate da quasi 25 anni, si ritrovano, come ogni estate, in vacanza insieme. Francesca, a un certo punto, complice qualche bicchiere di champagne di troppo, confessa che è stata lei, grazie a una banale stratagemma, a creare l’occasione che una ventina di anni prima ha fatto scattare l’amore tra lei e Giovanni e indirettamente ha favorito quello tra Laura e Paolo.

Questa rivelazione sconvolge tutti, anche perché probabilmente se Francesca non fosse intervenuta in questo modo a forzare la realtà, le coppie, visto il feeling che li univa reciprocamente, si sarebbero formate in modo diverso: Francesca avrebbe sposato Paolo e Laura Giovanni.
Continuando su questa falsariga, Galceriàn, giocando proprio sullo scambio di coppie, immagina che ciò sia realmente avvenuto. E il giorno dopo Francesca si ritrova sposata con Paolo e Laura con Giovanni.
Ma Francesca è l’unica che rifiuta questo capovolgimento della realtà. Crede che si tratti di uno scherzo e vi si oppone con tutte le forze. Il meccanismo umoristico della commedia ruota attorno a queste contraddizioni. E fa emergere le frustrazioni dei protagonisti che, anche invertendo l’ordine delle coppie, restano egualmente insoddisfatti della loro vita, lamentano di essere stati ingabbiati, di non aver potuto esprimere liberamente le loro potenzialità.
“Per il rotto della cuffia” o “per un pelo” si vantava Francesca di aver modificato a suo favore il destino per sposare Giovanni. Alla fine, però, non sa più se la sua è stata davvero la scelta più giusta. La stessa domanda se la pongono anche gli altri protagonisti della storia senza trovare risposte adeguate. Si potrebbe tornare indietro nel tempo e ricominciare da capo, suggerisce Francesca, in modo che le cose rientrino nella normalità iniziale. Ma il destino ha in serbo un’ultima beffa. Non si era tenuto conto che l’amore non ha confini e che, forse, vi erano altre opzioni in gioco, come il rapporto intimo che sarebbe potuto scaturire tra Laura e Francesca.
Il finale di “Cancun” ridimensiona in un certo senso certe pretese cerebrali dell’Autore, riportando la commedia su un terreno più farsesco. Galceràn sembra non possa fare a meno del “colpo di scena finale”. Ma, forse, questa è la giusta conclusione. Anche nella recitazione degli attori, sui quali spicca la bravura e l’esperienza di Pamela Villoresi, ci si è attenuti a questo registro, con sobrietà, pur con qualche deroga come nel personaggio di Giovanni, un Giancarlo Ratti, divertente e per certi aspetti grottesco nella sua maldestra goffaggine. Buone le prove di Blas Roca Rey, che gratifica le spettatrici di un suo lato “B” al naturale, e di Nicoletta Della Corte, impeccabile.
La regia di Mario Mattolini è in linea con il lavoro, rapida, brillante, allusiva, senza essere pedante e senza mai perdere di vista il clima di leggerezza che pervade il lavoro.