
Grande successo di pubblico per Call Center 3.0, in scena al Teatro de’ Servi a Roma, scritto e diretto da Roberto D’Alessandro, con Franco Oppini, Milena Miconi, Luca Capuano, Karin Proia, Roberto D’Alessandro, Cecilia Taddei, Pietro Genuardi.
Tutti noi, almeno cento volte nella vita siamo stati contattati da un call center, e il più delle volte ci è sembrata una seccatura. Ed è proprio quello che accade sulla scena. Una serie di telefonate che tartassano i clienti fino a quella fatidica.
È il 31 dicembre e Giovanna (Milena Miconi), un’operatrice arrivata un anno prima, per raggiungere l’obiettivo annuale compone un numero di telefono che cambierà le sorti di tutti, in un episodio dal risvolto tragicomico. Giovanna è un’ex prostituta, salvata da un team leader (Filippo – Oppini), che riesce a farsi valere nel suo ambito. L’ambiente del call center è ricreato alla perfezione: una sala comune, molto accogliente, con gli addobbi di Natale e con diverse postazioni. Giovanna sta seduta per ore davanti ad uno schermo, con una cuffia e spesso viene maltrattata. Sembra di stare dentro una grande famiglia. Luisa è la capa perfetta, orientata al guadagno, ma nello stesso tempo attenta alle risorse, affiancata dal suo compagno Mario che la mette in crisi quando le confida di voler accettare la cattedra di filosofia. C’è confidenza tra i capi e i dipendenti, si lavora bene e si respira un’aria familiare. Poi c’è la donna delle pulizie che ha una relazione con la guardia giurata, che vuole diventare un cantante e scrive canzoni. Tutto sembra tranquillo fino al momento in cui arriva la telefonata che sconvolge tutti. Da lì in poi la commedia si trasforma in “tragedia”, cambia l’atmosfera, cambiano i ritmi, le tematiche. Ecco l’altra faccia del call center. Non più la grande famiglia che lavora, produce e si vuole bene, ma l’incubo della morte, la riflessione sulla realtà del call center come lo specchio delle nostre esistenze, del consumismo, dell’essere schiavi del sistema in corso.
Entra in scena un “malvivente” che minaccia i dipendenti del call center, mettendone a nudo difetti, vizi e manie. Si passano 9 ore in una postazione per portare a casa 700 euro più bonus; si subiscono insulti dai clienti, ma perché essi stessi vengono tartassati dalle chiamate. Siamo schiavi di un sistema che ci costringe a vivere lavorando, da precari, spesso facendo cose che non ci piacciono. Ma lo stesso “malvivente” (licenziato e lasciato dalla moglie . Pietro Genuardi) finirà con il farsi travolgere dalle dinamiche del sistema e come da copione, il lieto fine e tutti felici e contenti.
Call centre 3.0 è una commedia di situazione, dove l’umanità dei personaggi e i loro rapporti, tra contrasti, speranze, desideri, illusioni animano una notte di San Silvestro che nessuno dimenticherà. Una commedia brillante, a tinte un po’ tragiche, un po’ rosa, con un finale che infonde speranza nell’umanità, possibile, forse, solo l’ultimo dell’anno.
Il call center è un luogo emblematico: è sia un microcosmo sia il luogo fisico che diventa espressione degli schiavi del terzo secolo.
Ben costruita la scenografia, adatta al clima dell’ultimo dell’anno. Ottimi le musiche e i costumi..
Una menzione di merito agli attori, tutti professionisti e padroni della scena.