
[rating=3] Dopo 37 anni torna in scena al Teatro Comunale di Firenze l’opera giovanile di Giuseppe Verdi, Nabucco, in una versione decisamente più sobria rispetto agli scandali del ’77: una rappresentazione dedicata alla imminente perdita del grande maestro Claudio Abbado, che ha collaborato con il Maggio dal 1960, salutato con un iniziale minuto di silenzio.
L’opera, di soggetto biblico, si colloca in un periodo cupo per il maestro di Busseto, che aveva subito il clamoroso insuccesso e oltraggio di Un giorno di regno, oltre al drammatico dolore per la perdita della moglie e dei figli. “E decisi di non comporre mai più!” avrebbe risolto dopo queste grandi sconfitte. Ma Merelli gli propone un nuovo libretto, Nabucco, che nella sua aneddotica vita si traduce mitologicamente in un fulmineo amore alla Folchetto (Jacopo Caponi): «…Il fascicolo cadendo sul tavolo stesso si era aperto: senza saper come, i miei occhi fissano la pagina che stava a me innanzi, e mi si affaccia questo verso: Va pensiero, sull’ali dorate. Scorro i versi seguenti e ne ricevo una grande impressione…». Al di là della leggenda, inizia il rapporto complesso di collaborazione con il Solera per la stesura di una specie di monumento nazionale quale è il Nabucco, che al suo debutto alla Scala nel 1842 decretò il successo del superbo dramma e di una grande carriera.
Al centro dell’opera, protagonista indiscusso è il coro, egregiamente rappresentato dal Coro del Maggio Musicale Fiorentino diretto da Lorenzo Fratini: quasi sempre all’altezza del difficile compito, ha dato il meglio di sé nel bis acclamato dell’aria principe “Va, pensiero”, allorché si è alzato in piedi ed ha finalmente potuto far mostra del colore corposo e vibrante suo proprio.
La regia di Leo Muscato sicuramente esalta le masse con sontuosi e grandi tableaux, ma finisce per togliere dinamicità alla scena, conferendole eccessiva staticità e poca veridicità. Efficaci le scenografie di Tiziano Santi, sobrie e monumentali, ma capaci di trasformarsi all’occorrenza in luoghi “altro da sé”, attestando un ottimo utilizzo e finalità evocativa, insieme alle luci di Alessandro Verazzi, opportune nei suggestivi tagli, poco consone nei numerosi occhi di bue dall’alto.
Nel cast emerge Anna Pirozzi, espressiva Abigaille, sul piano vocale forse a tratti eccessivamente irruente ma potente e sicura; Dalibor Jenis è un Nabucco ben cantato, particolarmente felice nei toni alti, che tende però ad antipatiche sonorità nasali nelle espressioni basse e patetiche, con atteggiamenti eccessivamente rigidi ed impettiti. Squisita interpretazione per Riccardo Zanellato, che ha saputo equilibrare la solennità ieratica del portamento con una vocalità piena e severa, appropriata al personaggio. Luciano Ganci è un valido Ismaele e Annalisa Stroppa esegue dignitosamente l’aria di Fenena.
Non convince del tutto la direzione solida ma poco dinamica di Renato Palumbo, che presenta un taglio eccessivamente solenne ed enfatico. Buona l’esecuzione dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, con qualche pecca agli ottoni.
Il pubblico, numeroso ed entusiasta, ha elargito a dismisura applausi e frequenti chiamate ai cantanti, specialmente nei consueti finali dei ‘pezzi chiusi’. Dunque buona la prima.