Un Elisir d’amore alla Grease al Comunale di Firenze

[rating=2] Un Elisir d’amore estremamente anacronistico quello andato in scena al Comunale di Firenze sotto la regia di Rosetta Cucchi.

Ambientato in una scuola d’arte americana, la situazione può risultare inizialmente interessante, ma solo come incipit: Adina (Rocio Ignacio), “la più brava della classe”, recita disincantata e ironica nella sua tenuta scolastica anni ‘70,  la storia della “crudele Isotta” e del “bel Tristano”, libro carpito ad inganno al povero innamorato Nemorino, lo “sfigato di classe”, jeans, felpa con cappuccio, borsa a tracolla, berretto di lana con ciuffo laterale, decisamente più contemporaneo dell’amata. Il tutto in una classe di punk e bulli, tra palline di carta e aeroplanini disordinati. La situazione regge fino all’ingresso del bullo Belcore (Mario Cassi), pantaloni neri, giacca di pelle rosso fuoco, occhiali neri: più precisamente una scena alla Grease, tra amori tirati e gelosie, un musical malcelato, che più si addice al Teatro di Bernstein che a Donizetti.

Poco credibile la figura del soldato, come poco credibile la collocazione dell’azione scenica unicamente in ambienti chiusi, per lo più scolastici: ora la palestra che sostituisce l’agognata piazza, ora la mensa per banchetto, fino all’aula di pittura, tra quadri, statue e cavalletti. Fuori, attraverso ampie vetrate su muri di mattoni, si affaccia una metropoli urbana di fabbriche e murales.

L'Elisir d'amore al Teatro Comunale di Firenze

Mentre sorge e tramonta il sole, e Adina richiama il “suol natio”, è graffiante il contrasto antitetico con la Scuola, che sovrasta la drammaturgia e soffoca il soggetto rupestre, che brama una più adatta collocazione all’aria aperta, per concludere con promesse di nozze che risuonano false tra le quattro mura di classe. Rompe un po’ le righe Dulcamara (Marco Camastra), malvivente anni ’70 con tanto di giaccone di pelle, stivali e harley-davidson a seguito, che canta “La Nina gondoliera” fingendosi dj, tra luci psichedeliche che poco si addicono alla barcarola.

Alcune scelte possono dimostrarsi originali, come il ring improvvisato in palestra, ma i gesti finiscono per ripetersi banalmente, tra schiaffi di routine, spinte e moine, per una regia che non convince.

L'Elisir d'amore al Teatro Comunale di Firenze

Fra tanti soggetti insoliti in azione, Nemorino, ovvero il tenore Giorgio Berrugi, è quello che tra tutti svetta nel ruolo di adolescente sui generis, dalla voce schietta e ben proiettata, il più festeggiato dopo la celeberrima Una furtiva lagrima. Buona prova, comunque, per tutto il cast, escluse alcune incertezze nel legame con l’orchestra.

Giuseppe La Malfa dirige egregiamente l’Orchestra, che manca però del solito brio.

Applausi da stadio per un’opera che ha come pregio l’intento di avvicinare un pubblico giovane e meno avvezzo, per una didattica dall’happy end.

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