
Dopo il Tamerlano, l’opera barocca torna al Teatro del Giglio Giacomo Puccini di Lucca con la rappresentazione del Giulio Cesare di Georg Friedrich Händel, sotto la direzione di Ottavio Dantone e la regia di Chiara Muti, nell’allestimento frutto della collaborazione tra Ravenna Manifestazioni – Teatro Alighieri di Ravenna, Fondazione Teatro Comunale di Modena, Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Teatro del Giglio di Lucca e la Fondazione Haydn di Bolzano e Trento.
Composta nel 1724 su libretto di Nicola Francesco Haym, “Giulio Cesare in Egitto” è una delle opere più celebri di Händel e uno degli esempi più raffinati del dramma per musica barocco.
L’Accademia Bizantina, sotto la guida esperta di Dantone, ha offerto una lettura filologica ma al tempo stesso vivace, con un’attenzione meticolosa alle sfumature timbriche. L’uso degli strumenti d’epoca – tra cui tiorba, viola da gamba, arpa, oboi, flauto e corno – ha arricchito l’ordito orchestrale di colori e contrasti espressivi, evidenziando la varietà affettiva dell’opera. Particolarmente degni di nota sono stati l’accompagnamento del recitativo secco e l’uso delle arie con strumenti concertanti, che hanno amplificato la tensione drammatica e l’intensità emotiva dei personaggi.

Davvero ottimo tutto il cast, a partire da Raffaele Pe, nel ruolo del protagonista, un Cesare autorevole e magnetico, con una linea di canto scolpita e agile coloratura, particolarmente efficace nelle arie di bravura come “Va tacito e nascosto”. Marie Lys ha reso una Cleopatra seducente e astuta, esibendo un timbro cristallino e una straordinaria agilità nei passaggi più virtuosistici di “Da tempeste il legno infranto”. Delphine Galou ha dato voce a una Cornelia intensa e dolente, con un fraseggio scolpito ed espressivo. Filippo Mineccia ha interpretato un Tolomeo di grande impatto scenico e vocale, riuscendo a esprimere tutta la perfidia e l’ambiguità del personaggio, a tratti istrionico, con la sua vocalità penetrante.
Davide Giangregorio ha offerto un’interpretazione notevole nei panni di Achilla, un personaggio che unisce ambizione e servilismo. La sua voce scura e possente ha dato rilievo alla sua duplice natura, capace di momenti di autorità e di fragilità. Federico Fiorio, nel ruolo di Sesto, ha saputo restituire con grande sensibilità il tormento interiore del giovane assetato di vendetta. Con una vocalità brillante e una perfetta padronanza della tecnica, ha reso il percorso di crescita del personaggio avvincente ed emotivamente coinvolgente. Completano il cast Andrea Gavagnin (Nireno) e Clemente Antonio Daliotti (Curio).

Chiara Muti ha concepito una regia simbolica, ispirandosi a un’estetica metafisica e atemporale. Le scene di Alessandro Camera, dominate dai toni dorati e sabbiosi, hanno evocato l’antico Egitto in chiave stilizzata, con richiami alla grandezza faraonica e al concetto di potere come entità immutabile. I costumi di Tommaso Lagattolla, di raffinata eleganza, hanno enfatizzato la contrapposizione tra i personaggi, mentre il disegno luci di Vincent Longuemare ha giocato su chiaroscuri evocativi, conferendo ulteriore profondità alla drammaturgia.
Il Giulio Cesare ha letteralmente ammaliato il pubblico, che nella replica di domenica 23 febbraio ha regalato lunghe ovazioni e caldi applausi sia a scena aperta che a conclusione dell’opera.