
Un camminamento perimetrale alla scena e, sul fondo con ingresso al centro, mura simmetriche con porte a mo di ingressi alle camere, simulano gli appartamenti della regina e pareti in velatino sospese quasi un immaginario contesto che ognuno di noi ha in mente fanno la scena e dopo un bellissimo prologo a contest della magia tipica Donizettiana, il coro dei cavalieri introduce Giovanna, il personaggio intorno al quale si muove la vicenda. Vestito oro: è la bella voce sopranile di Carmela Remigio, la damigella della protagonista.
Eccola in tonalità amaranto e corpetto a decorazioni damascate in tinta, ormai tacitamente conscia di quanto l’amore e le attenzioni del suo consorte siano non più a suo appannaggio, e si pavoneggia senza cedere, alle attenzioni del suo paggetto il contralto Smenton intepretata da Martina Belli, presenza di vivace impatto coregrafico, innamorato segretamente di Anna Bolena. Beh ormai il bravissimo basso Alex Esposito, nei panni del Re Enrico VIII è innamorato di Giovanna.
E se un letto a baldacchino disvela la disperazione della regina, intorno a lei si muove il carosello di amanti o suoi spasimanti, tutti per lo più nascosti, a nessuno dei quali cede pur non mostrando dispiacere di cotanto interesse nei sui confronti ma fedele al suo uomo che di lei non ha più bramosia. Questo il mood del cambio scena del primo atto al Teatro dell’ Opera di Roma. Ecco il precedente marito Percy, amico del fratello di Anna, Rochefort, egli stesso è qui nel panni incestuosi del basso Andrii Ganchuk, di lessico incerto, quindi il citato Smenton. Ex, fratello e paggetto donna c’è tutto perché il dramma si muova fantasiosamente sulle linee registiche di Andrea De Rosa.
Siamo al secondo atto al centro scena tre celle una sull’altra creano confusione in una vicenda che nella narrazione del libretto di Felice Romani creano lungaggine e poca attenzione alla vicenda e all’incantevole musica che ne fa pregna la trama. “S’ei t’abborre io t’amo ancora” canta Smenton, ma il duetto risulta ripetitivo se la scena non accompagna la musica così sognante e briosa di Donizetti. Quindi il Re mostra e non nasconde il suo amore per Giovanna. Costei pur invaghita di lui soffre tanto ed è crucciata di recar dolore alla sua padrona ed ecco il primo lamento del secondo atto. Ma la regina la bravissima, per interpretazione e vivacità sopranile, Maria Agresta glielo perdona ed ecco “Sorgi!… Ah! sorgi…È reo soltanto chi tal fiamma accese in te. Va’, infelice, e teco reca il perdono di Bolena.“
In questa interminabile scena fissa delle prigioni si alternano le condanne di Percy, Rochefort e Anna nonché l’irremovibile grido di vendetta di Enrico VIII, affinchè il posto della regina sia ormai di Giovanna e se concede clemenza agli altri non alla gogna delle moglie, benché supplici in tal senso, per un ravvedimento, ne siano il paggio e la damigella ormai sua nuova concubina.
La regina ormai è impazzita e anziché maledire, al rintocco della campane, che la sveglia, perdona la coppia regale e sfinita muore. Ultima scena dubbia: tutti in camicia bianca come da condanna al patibolo se non per Anna il cui abito bianco ben si scontra coi i lunghi guanti rossi di gala. I costumi sono di Ursula Patzak e a questo punto seduti spalle al pubblico i nuovi sovrani assistono all’epilogo. Il pubblico applaude tutti ma soprattutto i cantanti protagonisti, bravi davvero.