Se una notte d’inverno un cybernauta in pieno #Antropocene

Al Teatro San Carlo di Napoli in scena #Antropocene di e con Marco Paolini, musiche di Marco Montalbetti, testi rap e voce concertante di Frankie Hi-Nrg Mc, violoncello solista e direzione dell’Orchestra del Teatro San Carlo di Mario Brunello

Quando lo spettacolo – perdura l’incertezza sulla definizione di ciò che abbiamo visto ieri sera al mio bel Teatro San Carlo di Napoli, se “concerto” o “teatro di narrazione in musica” ovvero “oratorio” oppure ancora “poema musicale” – quando lo spettacolo – #Antropocene, di e con Marco Paolini, musiche di Marco Montalbetti, testi rap e voce concertante di Frankie Hi-Nrg Mc, violoncello solista e direzione dell’Orchestra del Teatro San Carlo di Mario Brunello – quando lo spettacolo comincia, Marco Paolini sbuca da una scatolone di cartone sulla sinistra del palcoscenico e inizia quello che potremmo considerare un vero e proprio Prologo.

Lo scatolone è del tipo di quelli da imballaggio, di cartone floscio legato insieme da nastro adesivo, come a richiamare un traslocare affrettato o, ancor di più e meglio, un rifugio di fortuna, da clochard urbano, emblema di rovesciate fortune: tutto cominciò con il tamagotchi, il giocattolino elettronico che vent’anni fa imperversò trascinando con sé polverose polemiche sull’etica del vivente, un robot elettronico che rozzamente evocava la vita travestendosi da animaletto domestico da “nutrire” e “coccolare”, e che poi inevitabilmente – era qui, in fondo, il cinico scopo – “moriva”, come può morire un non-esistente, gettando l’improvvisato “padrone” (“padre”?) nelle ambasce di cupi sensi di colpa.

Paolini identifica, non a torto, quell’improvvisa follia d’un’estate con l’inizio d’una rivoluzione dei nostri modi di vivere, mutamento che è arrivato a noi prima tramite i personal computer, poi i telefoni cellulari, poi gli smartphone, e che è stata possibile attraverso lo sviluppo della rete: perché, alla fine, è internet, la rete, l’ossatura su cui appoggia tutto il nostro contemporaneo, che cresce e cresce e cresce inestricabilmente intrecciato alle nostre nuove voglie e comodità, si tratti degli acquisti su Amazon o delle informazioni su Wikipedia, dell’effimera fruizione d’un video su YouTube o dell’ultima news sui siti d’informazione.

Così, immagina Paolini, parafrasando e traducendo, chissà, un Calvino ancora ignaro di quanto dovrà in futuro accadere, che se una notte d’inverno un cybernauta (uno di noi) in pieno Antropocene, si trovasse d’improvviso – e come ci appare del tutto naturale e familiare tutta la scena, un per nulla vago sapore di déjà-vécu – a non poter comunicar più con l’universo intero, chiami deciso il call center, parli con “l’operatore Firenze 586” per comunicare il suo disagio.

Perché l’Antropocene, era geologica caratterizzata dall’inestinguibile impatto che l’uomo ha provocato sul pianeta, fino a cominciare a farlo diventare immagine sua, certo ha trovato in internet la sua linfa vitale, come i dinosauri nelle felci arboree, come l’homo sapiens dell’Olocene nei cereali.

E dunque, è ovvio che l’uomo sconnesso chiami per riconnettersi alla vita. Beatrice, l’operatore Firenze 586 che ha una delle voci, quella toscana, del poliedrico Frankie Hi-Nrg Mc, dopo la parentesi lapalissiana e irritante del “il suo modem è acceso?”, non può che concludere nell’apodittico e altrettanto provocatorio: “dev’essere frustrante il ripetersi di un disservizio che limita le sue possibilità di accesso alla rete”, per poi perdersi da qualche parte della rete in un perentorio segnale d’occupato.

Ma il nostro antropòcene, paziente, non demorde: parlerà prima con Ciro, napoletano dai modi affabili, “Napoli 204”, e infine con “Venezia 307”, Alvise, che con un nome così non può che esser veneziano come il nostro ormai spazientito antropòcene, stufo di sentirsi ripetere come un mantra “dev’essere frustrante il ripetersi di un disservizio che limita le sue possibilità di accesso alla rete”.

Intanto la musica di Mauro Montalbetti vive un’esistenza parallela che non è solo commento, chiacchiera, colonna sonora, ma diventa invece presagio e sottile angoscia, pur nella caratterizzazione quasi cinematografica – perfino beffardamente pubblicitaria – di certi passaggi, anticipando, precorrendo, nell’insolito dialogare dei violoncelli – quello di Mario Brunello e quello dei bravissimi musicisti dell’Orchestra – una conclusione poetica che diventa epica del quotidiano, passione laica che affronta senza tema il confronto con la religiosità barocca e il linguaggio della nostra – anche “normalissima” – contemporaneità, che gareggia con la voce concertante di Frankie per esitare in un risultato che può sembrare minimalista ma che si fa, invece, comprensibilibilià, pane spezzato pure per il profano, pur rimanendo alta l’ispirazione, felice l’intuizione, senza mai cedere alla disperante semplificazione ma, invece, restituendo intera la complessità del vivere l’oggi.

Perché alla fine all’antropòcene non potrà più essere nascosta la verità: per qualche misteriosa ragione l’intera rete mondiale è andata in tilt, gli operatori più o meno affabili e solleciti non erano altro che voci dello stesso robot che rispondeva a centinaia di migliaia di telefonate in tutto il mondo; per quella stessa misteriosa ragione quell’unica linea era stata finora risparmiata ma tra poco si sarebbe chiusa, per l’inevitabile esaurirsi delle batterie. E già, fuori, nel mondo reale che si accinge a tornare indietro, a dispetto, ancora una volta, delle magnifiche sorti e progressive, comincia l’assalto ai supermercati, si spara per quattro banane, ci si prepara ad un disperato day after in cui, forse, ritrovare motivi per un’esistenza diversa.

O forse no: “Mi accompagneresti in una chiesa” dice l’antropòcene al robot virtuale, “Sei anche credente?”, “No, prudente”: questa battuta, in qualche modo, dice di più, sulla nostra contemporaneità, di molti volumi che s’impolverano, spesso, sui nostri scaffali. Molti gli applausi per tutti, alla fine, da parte di un pubblico non molto numeroso, purtroppo, ma che ha molto gradito il concerto.

PANORAMICA RECENSIONE
Direzione
Solisti
Orchestra
Pubblico
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se-una-notte-dinverno-un-cybernauta-in-pieno-antropocene#ANTROPOCENE <br>di Marco Paolini <br> <br>musiche Mauro Montalbetti <br>testi rap Frankie hi-nrg mc <br>direzione orchestrale Mario Brunello <br> <br>con <br>Marco Paolini, voce narrante <br>Mario Brunello, violoncello <br>Frankie hi-nrg mc, voce concertante <br> <br>Produzione <br>Teatro Massimo di Palermo, RomaEuropa, Teatro Regio di Torino e Teatro di San Carlo di Napoli <br>Orchestra del Teatro di San Carlo <br>Prima esecuzione assoluta <br>Lingua: italiano <br>Durata: 70 minuti <br>in scena dall'8 al 9 giugno 2018 <br>Napoli, Teatro San Carlo, 8 giugno 2018