
A Star is Born, il remake di una collaudatissima storia hollywoodiana, stavolta diretta e interpretata dal bellissimo e bravissimo Bradley Cooper, in ottima compagnia. La coprotagonista è infatti la nota cantante Lady Gaga. Prima di essere virato in musica (nel penultimo remake datato 1976 con Barbra Streisand e Kris Kristofferson), il film l’aveva diretto nel 1932 George Cukor, con il titolo “What Price Hollywood?”. Il titolo A Star is Born subentra nel 1937.
Carismatici, magnetici, bravi sul palco come attori e come cantanti: B. Cooper e Lady Gaga sono Jack e Ally. Abbandonati gli abiti eccentrici con i quali siamo abituati a vederla, Lady Gaga è una ragazza come tante, che lavora in un ristorante, vive con il padre e si esibisce come cantante la sera in un locale gay. Tutto questo fino a quando Jack, bello e dannato – è alcolizzato, drogato e rovinato da problemi avuti nell’infanzia – prende una sbandata per lei, Ally, sentendola cantare “La vie en rose”. Da quel momento inizia la favola, una storia d’amore passionale, travagliata, un susseguirsi di vicende che scandagliano l’animo profondo di lui, che inclinano quell’apparenza da uomo bello e dannato, mostrandocelo fragile e sensibile perché, ricordiamolo sempre, per fare l’artista ci vogliono fegato e cuore. Fegato per stare sul palco, subire e affrontare le critiche, cuore per “avere sempre qualcosa da dire”. Come lo stesso Jack suggerisce sin dall’inizio all’amata Ally. E la carriera di Ally, che va avanti perché è magnifica, non perché è raccomandata – certo, senza l’aiuto di Jack magari sarebbe rimasta nell’ombra, ma del resto fa parte del gioco dell’amore quello di aiutare l’altro – così come questa storia d’amore esplosa tra riflettori e palcoscenici, ci fa sognare ad occhi aperti e poi loro insieme che cantano ci danno davvero delle emozioni forti. Ma l’amore non vince su tutto, la depressione e i traumi irrisolti sono armi infide, ci servono sì per comporre musica e scrivere versi, ma se ci facciamo sopraffare, ci catturano nel loro vortice fino a ritenere la propria presenza come un ostacolo alla realizzazione dell’altro.
Il film ci lascia parecchio amaro in bocca e tanti interrogativi sul prezzo della fama, sulla solitudine interiore dell’artista, sui demoni che devastano l’essere umano, persino quello che appare un leone su un palco di fronte a migliaia di spettatori.
Bradley Cooper è perfetto nel ruolo dell’artista maledetto, del genio sofferente, così a suo agio nel momento di cantare, così vulnerabile di fronte ad una bottiglia di alcool o a una striscia di cocaina, mentre tutti quelli che gli girano attorno sono concentrati a salvare la faccia, a fare soldi e a nascondere il vero prezzo del successo.
Ally (Lady Gaga), insicura all’inizio, ma forte e decisa nel corso degli eventi, è innamoratissima di Jack, ma subisce anche le conseguenze del suo comportamento. Ad esempio il giorno dei Grammy, quando lui l’accompagna ed è completamente fatto ed ubriaco.
Sono simili, ma si trovano a poli opposti. Lei ama quel mondo che sta per conoscere, lui è estenuato dalla vita trascorsa sul palco. Non a caso soffre di acufene, malattia simbolo della distanza e dell’impossibilità di ascoltare ancora l’affetto del pubblico. E si amano alla follia, tanto che lui la salva, ma non solo perché suicidandosi non le darà più problemi – pensa lui – ma perché le mostra come quel mondo può essere feroce e come la gioia infinita può trasformarsi nella peggiore delle tristezze.
Ottima la regia, eccellente il cast e la recitazione, straordinaria la colonna sonora che è diventata un disco. Un film intenso, che ci fa sognare e poi piangere, ma soprattutto che ci mette in discussione.