
Si è spento ieri ad 87 anni, in un ospedale di San Malot, in Bretagna, il regista René Vautier, noto per le sue opere nelle quali si schierò a favore della rivolta armata per l’Indipendenza dell’Algeria. Pensate, un francese contro la Francia. Per questo subì ripetutamente gli effetti della censura francese contro cui, nel 1973, fece uno sciopero della fame, protrattosi per 33 giorni, e concluso solo quando ebbe la certezza che lo Stato non sarebbe più intervenuto contro le sue opere.
Non era certo uno dei più celebri, dei più premiati. Non era “in vista” come chi calca i grandissimi palcoscenici di Hollywood. Per molti, anzi, era il solito cineasta “di nicchia”, un documentarista impegnato come ce ne sono tanti e che come tanti non piace se non agli “intellettualoidi”. Eppure René Vautier era un vero uomo di cinema, di quel cinema tremendamente vicino a quello degli albori, quasi “missionario”. Per uno dei suoi film più noti, Africa 50, Vautier affrontò anche la prigione, vedendo le bobine di un altro suo film, Una nazione, l’Algeria, del 1954, confiscate per ”attentato alla sicurezza dello Stato”.
Il primo grande riconoscimento venne nel 1972, quando ottenne il premio internazionale della critica a Cannes per il suo Avoir vingt ans dans les Aurès, il film che lo ha reso famoso in tutto il mondo. Un premio, commentò con umorismo lo stesso René Vautier, che ”mi è stato dato per errore”. Vautier fu un autore che come pochi ha avuto il coraggio di schierarsi apertamente e senza compromessi. E lo ha fatto contro il colonialismo, in particolare contro la presenza francese in Algeria e la tortura contro chi lo combatteva. Il suo impegno lo portò a opporsi anche alle ingiustizie del capitalismo, dell’apartheid e dell’inquinamento ambientale.