Roma mette in mostra Napoli

Alle Scuderie del Quirinale fino al 16 giugno: la natura, l’umanità, la storia e la vita di una città unica al mondo

Anton Sminck van Pitloo - Veduta dei templi di Paestum
Anton Sminck van Pitloo - Veduta dei templi di Paestum

Difficile immaginare davvero l’effetto e l’impatto che poteva suscitare la vista di Napoli negli artisti che arrivavano dal centro e dal nord Europa. Ma anche in quelli che venivano dal resto d’Italia o addirittura che a Napoli vi erano nati, e ciononostante continuavano ad esserne stupiti e rapiti.

Ne abbiamo un indizio nelle opere esposte fino al 16 giugno alle Scuderie del Quirinale per la mostra “Napoli Ottocento. Dal sublime alla materia”.

Ludwig Catel, William Turner, Thomas Jones, John Singer Sargent, molti esponenti della scuola di Posillipo, Portici e Resina come Anton van Pitloo, Giuseppe De Nittis, Ercole e Giacinto Gigante, che conquistarono il mondo con le loro vedute paesaggistiche. Mariano Fortuny, i fratelli Palizzi e Domenico Morelli, più attratti dalle storie e i sentimenti che serpeggiavano per la città. E perfino un francese dalle radici napoletane: Edgar Degas. E ancora Antonio Mancini, gli scultori Achille d’Orsi e Vincenzo Gemito, fino all’astrattismo concettuale e materico di Burri e Fontana.

Pierre-Jacques Volaire - Eruzione del vesuvio dal ponte della Maddalena
Pierre-Jacques Volaire – Eruzione del vesuvio dal ponte della Maddalena

Gli scavi archeologici iniziati a Ercolano nel 1738 e a Pompei nel 1748 avevano reso l’antica Partenope una tappa ancora più irrinunciabile del Grand Tour. Ma accanto alle meraviglie delle due antiche città sepolte e ritrovate, si apriva agli occhi degli artisti stranieri un mondo incredibile nel quale gli elementi si incontrano e scontrano con forza epica: il fuoco del vulcano e l’acqua del mare, la luce del Mediterraneo e i misteri sotterranei in cui il cristianesimo si mescola con lasciti delle credenze pagane, i silenzi delle antiche rovine e la roboante umanità delle strade, delle piazze, del porto, dei mercati.

Filippo Palizzi - Fanciulla sulla roccia a Sorrento
Filippo Palizzi – Fanciulla sulla roccia a Sorrento

La figura del vesuvio esercitava un fascino estremo che dava vita a dipinti dai toni apocalittici, con turbe di gente in fuga come da un girone dantesco. A fare da contraltare a questo scenario tremendo e sublime allo stesso tempo, la pace dei resti deserti di Pompei ed Ercolano, ritratti di volta in volta con stili più paesaggistici, più impressionisti o addirittura vagamente metafisici.

Consalvo Carelli - La solfatara
Consalvo Carelli – La solfatara

E poi i diversi volti della stessa regione: il mare e l’entroterra, le barche dei pescatori e la raccolta del grano. O ancora gli interni delle dimore e i ritratti di una aristocrazia che sembra davvero provenire da un altro mondo rispetto all’esplosione di vita, di colori e di drammi che si consumano nel frattempo in una città senza eguali.

Città che addirittura a un certo punto viene vista dagli artisti, ma anche da storici e letterati, come ultimo baluardo non tanto o non solo dell’antichità romana, bensì di una grecità classica altrove perduta. Una sognata e immaginifica dimensione ellenica che si tenta – a volte con successo e altre con risultati magari un po’ ingenui – di ricreare attraverso scene di efebi e ninfe, e perfino in statue e anfore dipinte.

Pierre-Jacques Volaire - Eruption of mount vesivius
Pierre-Jacques Volaire – Eruption of mount vesivius

D’altra parte, riprendendo una citazione di Curzio Malaparte che campeggia in una delle sale espositive: “Napoli è la più misteriosa città d’Europa, e la sola città del mondo antico che non sia perita come Ilio, come Ninive, come Babilonia e la sola città del mondo che non è affondata nell’immane naufragio della civiltà antica. Napoli è una Pompei che non è stata mai sepolta”.

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