
Fino al 17 novembre nella “Sala Walter Mauro” di Palazzo Firenze, sede centrale della Società Dante Alighieri a Roma, è allestita la mostra ad ingresso gratuito “Scene, voci, accenti, scritture: il teatro infinito di Andrea Camilleri”.
Curata dallo storico della letteratura italiana Giulio Ferroni e realizzata in collaborazione con il Fondo Andrea Camilleri e la produzione di Arthemisia, la mostra ripercorre il mondo teatrale (e non solo) dello scrittore siciliano, dalla sua formazione giovanile alla consacrazione internazionale, attraversando il suo intenso impegno per il teatro, la radio, la televisione, la narrativa e l’arte visiva dalla metà del Novecento fino ai primi operosi anni del nuovo millennio; questo grazie ai suoi scritti, le sue voci, gli “attori” con cui ha dialogato, proponendo un itinerario in sei sezioni tematiche che percorrono l’intera parabola creativa dell’autore.
Dalla formazione giovanile alla consacrazione internazionale, la mostra descrive l’evoluzione di un uomo che ha fatto della curiosità e della sperimentazione il proprio metodo e ne evidenzia il legame con i grandi temi della cultura italiana contemporanea: la lingua, la memoria, l’impegno civile, l’umorismo e l’immaginazione.

L’esposizione svela un Camilleri inedito, ben oltre l’immagine del “padre” del commissario Montalbano. Come Pirandello, egli concepiva il mondo come un palcoscenico infinito, abitato da voci, accenti e scritture in continua trasformazione e la mostra mette proprio in luce questa visione “teatrale” del reale, ponendo particolare attenzione alle radici della sua formazione culturale: dai quaderni scolastici, alle prime poesie (1939–1941), dalle letture di Montale e Saba, fino agli esordi come poeta nel Dopoguerra. Seguendo poi le varie testimonianze dell’ingresso all’Accademia d’arte drammatica di Roma, le lettere di intellettuali come Alba de Céspedes ed Elio Vittorini, le regie teatrali di Beckett, Pirandello e Ionesco, il sodalizio con Orazio Costa e le prime esperienze televisive.
Come si può capire la mostra è un affascinante “mosaico” biografico, un vero e proprio viaggio nell’immaginario di Camilleri, che attraversa decenni di attività artistica e restituisce un autore poliedrico, immerso nella vita culturale italiana, capace di intrecciare amicizie, collaborazioni e scambi con i principali protagonisti del Novecento. Tutto si snoda in una serie di bacheche con materiali originali (manoscritti, lettere, edizioni rare, fotografie, oggetti personali) affiancate da installazioni multimediali con interviste d’archivio, brani audio, filmati d’epoca e reperti del vastissimo repertorio Rai che lo ha visto protagonista e autore.
Ogni sezione del percorso è dedicata a un aspetto del suo universo creativo, sei sezioni tematiche per esplorare la scrittura e la lingua, l’attività teatrale, radiotelevisiva e performativa, la memoria e la visione interiore, le relazioni con le voci del XX secolo, i contributi audiovisivi da Rai Teche e Palomar.

Oltre ai documenti, ai suoi libri del cuore (Montale e Saba), ai testi teatrali da lui diretti e prodotti, alle tante sceneggiature televisive, sono esposti anche i volumetti sui grandi dell’arte, Caravaggio, Guttuso, Renoir, ai quali si era tanto appassionato nell’ultimo periodo della vita, proprio quando stava perdendo la vista, piccoli gioielli che rivelano l’interesse profondo dello scrittore per la pittura e per la rappresentazione visiva, ed una cartolina della «Flagellazione di Cristo» di Piero della Francesca, che Camilleri, ormai non vedente, amava ripercorrere con la mente prima di addormentarsi.
Una parte centrale dell’esposizione è, naturalmente, quella dedicata al Commissario Montalbano, il personaggio che ha fatto conoscere Camilleri al grande pubblico televisivo e internazionale. Attraverso copioni, lettere e prime edizioni dei romanzi editi da Sellerio, i tanti visitatori possono scoprire come è nato il celebre poliziotto di Vigata, figlio dell’immaginazione e dell’ironia del suo autore.
Il percorso si chiude con un momento di grande intensità emotiva: la rievocazione del monologo “Conversazione su Tiresia”, che Camilleri recitò nel 2018 al Teatro Greco di Siracusa, un anno prima della sua scomparsa. In quell’occasione, cieco ma ancora lucidissimo, l’autore trasformò la propria voce in strumento teatrale, fondendo mirabilmente mito e autobiografia in un racconto struggente e visionario. “Non vedevo più con gli occhi, ma vedevo con la memoria” dichiarò allora «e da quella memoria nasceva un’altra forma di luce». Quel monologo, riproposto attraverso un filmato e una suggestiva installazione sonora, è diventato un commiato e, allo stesso tempo, una rinascita attraverso la parola.
A cinque anni dalla sua scomparsa e a cento dalla nascita, Andrea Camilleri “torna a vivere” nel cuore di Roma grazie a questa mostra che celebra la sua straordinaria fecondità artistica, letteraria e umana, una mostra che non è solo un tributo, ma anche un invito a rileggere Camilleri nel suo tempo e oltre, perché in un’epoca come la nostra dominata dalla velocità e dalla fredda comunicazione digitale, la sua opera ci ricorda l’importanza della lentezza, dell’ascolto e del linguaggio come forma di resistenza culturale e al contempo ci restituisce l’immagine di un autore che non è stato soltanto uno scrittore di successo, ma anche un protagonista della cultura italiana del Novecento, capace di attraversare con leggerezza e profondità la letteratura, il teatro, la radio, la televisione e le arti visive.
A fine percorso rimane la sensazione di aver “incontrato” non soltanto un grande scrittore, ma anche un uomo che ha saputo raccontare l’Italia e gli italiani con intelligenza, ironia ed anche una certa indulgenza. E la certezza che, come Montalbano, anche Camilleri continuerà a “parlare” attraverso le sue parole, la sua voce e i suoi inconfondibili accenti assolutamente ancora vivi.














