Trasteverini, un giro intorno all’anima di Roma

Trasteverini

[rating=4] Otto sedie, otto storie, otto voci, sono questi i protagonisti di “Trasteverini”, nato dalla collaborazione di Andrea Perrozzi (autore anche delle musiche) e Gianfranco Vergoni, da un soggetto di Veruska Armonioso, con  la regia di Fabrizio Angelini, e andato in scena al teatro Tirso de Molina di Roma.

La vicenda si svolge a Trastevere, il cuore pulsante della città eterna, un po’ come la City lo è per Londra o Manhattan per New York, ma qui di grandi  affari e  di soldi ne circolano proprio pochi ed i sogni restano sogni, perché “a ‘sto monno tutto c’ha ‘n prezzo, pure i sogni” ; e allora viene fuori tutta l’arte di arrangiarsi tipica dei romani,  per di più trasteverini (“che non c’hanno ‘n’euro, né i quattrini ma lealtà”), la loro “filosofia” di vita e il loro modo di prendere la vita mai troppo sul serio.

La storia, si propone come un giro intorno all’anima di Roma, “una città fragile ma orgogliosa” e, benché tocchi molto la romanità e il sentimento di appartenenza a questa nostra capitale,  pur con  i suoi pregi e i suoi difetti,  racconta comunque situazioni e sentimenti che possono essere condivisi da tutti, anche da chi romano non è, primi fra tutti l’amore e l’amicizia, che si intrecciano inevitabilmente, ma  alla fine riescono a far ristabilire l’equilibrio iniziale e creare l’happy end.

I nostri protagonisti sono persone comuni, genuine, reali (oserei dire DOC): Dario canta nei ristoranti, o sui marciapiedi, insieme a Enrico, carrozziere indebitato fino al collo; Adriana manda avanti il ristorante di famiglia, Gabriella ha un passato torbido, Nina subisce il fascino di Mirko, un affarista senza scrupoli, Iva e Sara, dalla vista lunga e dalla parlata sciolta. Ricordano, a tratti, i personaggi dei “Racconti romani “ di Moravia, e la trama fa ripensare a quella di “Addio alla borgata” dove a illudere i giovani protagonisti era un cinematografaro, mentre qui ad approfittare dei sogni e delle speranze  ( e dei denaro) di due giovani ed ingenui trasteverini è un sedicente scopritore di talenti musicali. Il destino si divertirà con loro e ne complicherà le esistenze,  ingarbugliandone i fili in una matassa apparentemente inestricabile.

Trasteverini

Sin dall’inizio i pochi elementi scenici (tante sedie quanti sono gli interpreti e un tavolo) vengono spostati dagli attori mentre ancora si  conclude un’azione, quindi si passa a quella successiva, ambientata di volta in volta in un luogo diverso  (il ristorante, il panificio, la strada, il carcere , il commissariato); ed è  per questo che tutti rimangono seduti in palcoscenico, mentre  i personaggi di turno agiscono, come in un coro, dal quale mano a mano si staccano le “voci” dei singoli che diventano protagonisti, per poi ritornare nel gruppo. Lo spettacolo inizia come finisce, in una perfetta simmetria, con tutti i personaggi su una fila di sedie in proscenio, che snocciolano la loro storia ed i loro pensieri in un’alternanza che oscilla, sapientemente, tra l’attenzione al singolo individuo e l’anonimato, con il ritorno poi nella voce collettiva, in cui risulta impossibile distinguere la propria. E così tutto procede in un incastro preciso di ritmi e movimenti che non concedono neanche un attimo di noia, grazie all’abilità registica e ad un cast che recita e canta con potente naturalezza. Primo fra tutti l’eclettico Alessandro Salvatori, il punto di contatto tra i vari personaggi,  le loro storie ed il pubblico,  ricoprendo più ruoli all’interno della vicenda, anche nell’ambito di una stessa scena; bastano un fazzoletto a turbante, un grembiule, un cappello, una giacca e con pochissimi tocchi  crea un nuovo personaggio: il padre e la madre di uno dei protagonisti, l’impresario senza scrupoli, la donna delle pulizie extracomunitaria, il commissario…..in una galleria quasi infinita, con caratterizzazioni diverse tra loro e ben studiate, nella voce e nella gestualità, ma tutte credibilissime. Poi i due protagonisti: i due amici per la pelle Dario ed Enrico, interpretati rispettivamente da Andrea Perrozzi ed Enrico D’Amore, il primo costruisce il personaggio del romano scanzonato, un po’ irresponsabile ma leale, che vive alla giornata, confermando una forte personalità nella parte più drammatica che culmina nel brano “Perché?” cantato in carcere, dove è finito, innocente, per colpa dell’amico d’infanzia; il secondo interpreta il ruolo più tormentato (di colui che “rovina ogni cosa che tocca”) dello spettacolo; il suo personaggio ha una evoluzione drammatica: parte dalla timidezza e l’ingenuità per finire con l’attraversare il tunnel della disperazione  che lo porterà a rapinare una banca, per arrivare poi alla decisione più dura che gli guadagnerà il riscatto finale. Completano il cast Brunella Platania (una grintosa e razionale Adriana), Irene Cedroni (una Gabriella dalla voce strepitosa), Ilaria Nestovito (una tenera e garbata Nina). Roberta Marini (Iva) e Valentina Naselli (Sara) le due amiche coatte e smaliziate e Gabriele Carbotti (un freddo e calcolatore Mirko).

“Trasteverini” è un lavoro qualitativamente davvero interessante, diretto e recitato con slancio ed  entusiasmo, in cui  le canzoni fanno rivivere, tra risate e commozione, l’eredità melodica della tradizione musicale romana, non disdegnando la  contaminazione con il pop.

L’intento, pregevole tra l’altro, resta quello di voler simboleggiare che i problemi, la vita, le speranze di ognuno, pur nella diversità, sono quelli di tutti e, pur avendo un’attenzione particolare a  Roma ed alla sua varia umanità, allo stesso tempo, riesce ad allargare lo sguardo in una visione più generale dell’esistenza.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here