Peter Pan guarda sotto le gonne

[rating=4] Se vi aggiraste di notte per i Giardini di Kensington a Londra, potreste imbattervi in una ragazzina di 11 anni e mezzo con i capelli raccolti e vestita con abiti maschili, che gioca a calcio inneggiando a Roberto Baggio (l’azione di questa storia si svolge alla fine degli anni Novanta). Quella è Peter. Peter non è esattamente una femmina, ma precisamente un maschio, e nessuno sembra accorgersene. Peter è la protagonista di Peter Pan guarda sotto le gonne, spettacolo andato in scena al Teatro Comunale di Todi (Perugia), a conclusione della stagione di prosa organizzata dal Teatro Stabile dell’Umbria.

Peter Pan guarda sotto le gonne (che nel 2015 ha vinto il Premio Docenti al Festival delle Giovani Realtà del Teatro di Udine, ed è stato semifinalista al Premio Scenario) affronta un tema di estrema attualità, quello della transessualità e dell’identità di genere; per essere più precisi, rappresenta il primo capitolo di una Trilogia sulla transessualità che vuole raccontare l’esperienza della dicotomia tra corpo e mente in fatto di identità di genere. È prodotto dalla Compagnia The Baby Walk, nata l’anno scorso proprio intorno al progetto della Trilogia e formata da un gruppo di giovani artisti e tecnici teatrali (tutti diplomati presso la Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano) che lavorano insieme da qualche anno.

Sia la compagnia sia lo spettacolo hanno un legame strettissimo con l’opera di James Matthew Barrie, il creatore del personaggio di Peter Pan, in particolare con il suo romanzo “Peter Pan nei Giardini di Kensington”: la compagnia ha deciso di chiamarsi così ispirandosi al nome con il quale nel libro viene indicato il sentiero dei Giardini riservato ai bambini, e il disagio che la protagonista dello spettacolo vive nell’affrontare la sua situazione è raccontato attraverso un parallelismo con questo romanzo. Nella riscrittura del testo di Barrie a opera di Greta Cappelletti e Livia Ferracchiati (che firma anche la regia), Peter – interpretata da Alice Raffaelli – si trova a dover gestire la scoperta della sua identità, che è altra rispetto all’identità che tutti, a cominciare dai suoi genitori (presenti solo “in voce” e interpretati da Ferdinando Bruni e Mariangela Granelli), vorrebbero affibbiarle: Peter è nata femmina ma non vuole comportarsi come una femmina, gli abiti e le scarpe femminili non le piacciono, si trova a suo agio vestita da maschio e alle prese con un pallone, non vuole che gli altri la costringano a crescere come una femmina. A complicare ancora di più la situazione di Peter ci si mettono la comparsa del menarca (che dal punto di vista biologico la fa diventare una “lei” a tutti gli effetti) e il rifiuto che riceve da Wendy (Liliana Benini), una tredicenne problematica conosciuta ai Giardini: Peter si innamora di Wendy, ma Wendy le fa capire che questo sentimento non è corrisposto, e che ai suoi occhi Peter è e sarà sempre una lei. L’unica persona che sembra voler aiutare Peter è Tinker Bell (Chiara Leoncini), una fata un po’ incazzosa priva di bacchetta magica (ma dotata di Polaroid): è lei a spiegare a Peter la sua natura di “mezzo e mezzo”, a farle capire che non è esattamente una femmina, ma precisamente un maschio. La confusa Peter si trova pure a fronteggiare in una serie di dialoghi coreutici privi di parole la sua parte maschile (Luciano Ariel Lanza), che di tanto in tanto fa la sua comparsa sul palcoscenico.

Peter Pan guarda sotto le gonne ph Lucia Menegazzo

Peter Pan guarda sotto le gonne ha il grande merito di trattare in modo delicato, toccante e non banale un tema così complesso e attuale, che va affrontato mettendo da parte ipocrisie, pregiudizi e qualunquismi; e tutto il lavoro svolto finora dalla Compagnia The Baby Walk – compresi la preparazione del glossario con la spiegazione di concetti come identità di genere, transgender, orientamento sessuale ecc. che era allegato al programma di sala, e l’incontro con il pubblico che c’è stato dopo la rappresentazione per parlare dello spettacolo e di identità di genere – costituisce senz’altro un validissimo strumento di divulgazione positiva di questo tema.

2 COMMENTI

  1. La recensione è scritta bene; peccato che dimentichi una cosa importante: gli attori e le attrici. E questo è irritante. Non se ne può più di queste recensioni anti-attore. Una non cultura teatrale attenta al testo, alla regia e che liquida gli attori con delle tristissime parentesi. Ricordo al critico che quello che visto e sentito è solo merito del lavoro degli attori e delle attrici. A meno che il critico non sia stato a teatro, ma abbia letto il testo in libreria e fatto due chiacchiere col regista in un bar del centro. Senza il lavoro degli attori e delle attrici non esiste il Teatro!

    • Ciao Daniele sono Alessandro Chiocchia, l’autore di questa recensione. Ti posso assicurare che la mia non è una recensione anti-attore; semplicemente, viste l’importanza e anche l’estrema attualità del tema trattato, ho preferito recensire lo spettacolo con uno sguardo d’insieme, senza soffermarmi sulle singole performances di attori e attrici (tutti all’altezza del loro compito). E ti faccio presente che in questo caso quello che ho visto e sentito NON è solo merito del lavoro di attori e attrici, visto che allo spettacolo in questione hanno lavorato anche due drammaturghe (una delle quali pure regista), una coreografa, una costumista ecc. E ho fatto ricorso alle “tristissime” parentesi semplicemente per citare i nomi degli interpreti, di certo non per sminuirli. E il testo non l’ho letto in libreria, visto che non è ancora stato pubblicato (io questo spettacolo l’ho visto due volte).
      Ti auguro un buon pomeriggio.

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