
Capita, ahinoi sovente, quando ci si imbatte in spettacoli teatrali dedicati alla poesia, di vedervi letteralmente sparire all’interno i protagonisti a cui dovevano essere dedicati. Già perché loro, i poeti e le poetesse, rimangono piuttosto inghiottiti dentro reading soporiferi, o peggio risultano infine defraudati completamente della scena, che doveva fargli “omaggio”. Il tutto per creare spazio ad esercizi di stile registico-recitativi, il cui unico triste scopo è appropriarsi dell’altrui genio in cerca di facili applausi. Non così in “Vita meravigliosa“, lo spettacolo andato in scena lo scorso 18 novembre al Teatro India di Roma con Iaia Forte e Diana Tejera, una dolce e raffinata finestra sull’universo poetico di Patrizia Cavalli.
Lo spettacolo, realizzato nell’ambito della rassegna “Flautissimo #25. Sogno a occhi aperti”, prodotto da Argot Produzioni in collaborazione con Todi Festival, Pierfrancesco Pisani e Isabella Borrettini per Infinito Teatro, è una brillante eccezione. Offre infatti con garbata prossemica, un delicato quadro in versi e musica sulla parabola umana e artistica della Cavalli, “la poeta”, come le piaceva farsi chiamare. Sì non solo parole, ma anche note, quelle di Diana Tejera musicista e cantautrice, che proprio con Patrizia Cavalli aveva messo in musica alcune delle sue poesie, riproposte nello spettacolo. Dalla loro amicizia era nato il disco-libro “Al cuore fa bene far le scale” edito da Voland nella collana Finestre, una piccola preziosa chicca da raccomandare a tutte le buone librerie casalinghe.
Cosa rende dunque speciale la proposta? Sicuramente la musica, che non si limita banalmente ad accompagnare le visioni poetiche dell’autrice di Todi, ma le ibrida con eleganza. Anzi si ha come l’impressione che questa riuscita unione si realizzi quasi magicamente in scena e non solo la “consumi”, nel senso più felice del termine. Ci si indovina invece dietro un lavoro sopraffino di taglio e cucito grammaticale, dove la musica non prende a spintoni le parole, ma le abbraccia. Parole che non rendono semplicemente “omaggio” a Patrizia Cavalli, ma la fanno presente, viva sulle assi del palco, a raccontare la sua personalissima idea poetica. Una poesia la sua, ironica e intensa, scevra da manierismi, ma sempre assai complessa dal punto di vista tecnico, minuziosissima, mai lasciata al caso, eppure sempre profonda, capace di far risuonare l’animo.

La bellezza di “Vita meravigliosa“, titolo peraltro della sua ultima raccolta poetica, sta proprio in questo genuino meccanismo di incastri artistici, dove la pur importante presenza di una grande interprete come Iaia Forte, non schiaccia né ostenta, ma si mette al servizio di un costrutto scenico di tutto rispetto. La Forte incanta il pubblico con quel timbro inconfondibile e la capacità di trattenere il tempo di una pausa al punto esatto, millimetrico, prima di un sorriso o un’emozione più graffiante. Il suo costruire drammaturgicamente il racconto col la maestria silente dei professionisti, è una gioia per gli occhi, le orecchie e il cuore. Che dire poi della splendida simbiosi con Diana Tejera, che ci regala vari assoli musicali da palmi schioccanti, ma in particolare uno, a favore di luci infiammate, in cui tutta la sala sembrava dovesse esplodere come sul pezzo forte di un gruppo rock a concerto.
Insomma un mix di “Amore semplicissimo” eppure così splendido, per dirlo ancora con la Cavalli, di cui vengono riproposte alcune delle poesie più memorabili come “La Sarda“, “Pigre divinità e pigra sorte“, “Cerco l’amore” e in ultimo in chiosa: “Quasi sempre alla morte di qualcuno“. Quest’ultimo componimento chiude un cerchio sul racconto e dopo averci fatto volare lontano, ci riporta piano a terra, purtroppo orfani di Patrizia, che ci lasciava nell’estate dello scorso anno. Rimane la sua eredità eclettica e scintillante, arguta, divertita, intelligente, mentre noi dalla platea ce la riusciamo a immaginare sorniona a salutarci dal palco, sicuri che sia stata una breve incursione terrena, in cui dopotutto non le è dispiaciuto affatto fare da ospite d’onore.
Ma è tempo di andare, o forse sarebbe meglio dire tornare in quel paradiso dove Elsa l’aveva già piazzata da tempo, senza ulteriori perifrasi o indugi, “noiosamente ragionevoli”, né finali melodrammaticamente scontati che certo lei avrebbe rifiutato. E’ tempo allora solo di una gloriosa shakespeariana uscita, in questo mondo che è teatro, dove Patrizia ci avrebbe concesso solo un gravoso e splendente: “Arrivederci anzi addio“.