
[rating=4] Un mare di stracci o, meglio, fatto di stracci, blu dov’è più profondo, bianchi dove le onde si infrangono, così il mare, che separa terre e diventa sempre più spesso luogo di morte, fa da legame “profondo” fra i vari segmenti dello spettacolo “I piedi del mondo”, portato in scena dalla giovane compagnia de “I figli di Ohm” al teatro Abarico; si tratta di uno spettacolo-riflessione, scritto e diretto da Eleonora Viola (coadiuvata da Fiorella Pranzetti e con la scenografia di Roberto Monaco) sulla tragedia dell’immigrazione e sulla trasformazione dell’Italia da nazione emigrante a terra promessa, costituito da tanti piccoli quadri che alternano le varie migrazioni delle epoche passate e di oggi e ci ricordano la comune fatica di vivere.
Sulla scena ci sono le valigie che sono state a lungo il simbolo dell’emigrazione, ognuno ha il suo “fagotto”, un pezzo di stoffa, uno scialle nel migliore dei casi, in cui avvolgere le cose da portare con sé nel nuovo paese, le donne “infagottate”, sono esse stesse dei bagagli in quanto hanno addosso più abiti, messi a strati, per non lasciare incustoditi nelle stive i propri averi, poveri e perciò preziosi. E nel fagotto e nella valigia, c’è tutto un “mondo”: ricordi della famiglia ormai lontana, un biglietto per un parente o un compaesano, cibo, uno strumento musicale, una lettera di presentazione per qualcuno che, si spera, possa dare un aiuto… un mondo, appunto.
Nel paradiso terrestre promesso le cose, in realtà, stanno diversamente. Subito dopo l’arrivo gli immigrati cominciano a rendersi conto di essere giunti nell’America com’ è e non come l’avevano sognata. Le immagini di cui si erano riempiti gli occhi e la mente e i sogni degli emigranti di “fare la Merica” trovano scarso riscontro: essi scoprono che le strade non sono pavimentate di oro e, addirittura, che quelle strade toccherà a loro costruirle e la speranza di vivere in uguaglianza e in libertà presto si dissolverà.
“Ad uno spettacolo sull’emigrazione stavo lavorando da un po’, ma non sapevo da dove partire. Mi ricordavo di un racconto di Sciascia che parlava di siciliani che cercano di raggiungere l’America clandestinamente, ma che alla fine del loro lungo “viaggio” vengono ingannati e sbarcati a pochi chilometri dal punto di partenza ed ho pensato ai migranti attuali che vengono buttati a mare a pochi passi dalla costa di arrivo e sono partita da lì. Volevo creare una con-fusione tra le due tragedie, un sovrapposizione, per dire che le migrazioni, con il loro carico di dolore, di sofferenza, di spaesamento sono uguali per tutti gli uomini” (queste le parole della regista che spiegano la genesi dell’opera scritta nel 2009).
La parte iniziale è, comunque, ispirata alla raccolta di poesie (che sarebbe meglio definire romanzo in versi) “Solo Andata” di Erri De Luca, in essa si svolge parallelamente la vicenda dei siciliani e il racconto dei fuochisti. Poi inevitabilmente si sceglie di raccontare il viaggio di chi viene dall’Africa, ma allo stesso tempo, quasi per associazione di idee, anche la tragedia del 1956 dei minatori di Marcinelle, la solitudine delle donne con i mariti lontani, il dramma dei bambini (e non solo i bambini) morti durante il viaggio, la migrazione interna degli italiani dal sud al nord, i morti della nave fantasma nella notte di Natale del 1996, annegati al largo di Porto Palo, in Sicilia… tanti episodi, tutti sintesi drammatica della problematica connessa al tema dell’immigrazione: la disperazione dei migranti, il silenzio di autorità e media, la ferocia dei trafficanti di esseri umani, la terribile indifferenza e paura della nostra società. Tanti piccoli quadri che alternano le varie migrazioni e ci ricordano la comune fatica di vivere e il dramma degli “ultimi” alla ricerca di una vita migliore.
Bravissimi i Figli di Ohm (che sono stati affiancati da altri giovani attori), visibilmente partecipi delle storie che hanno raccontato e cantato e con cui hanno coinvolto il pubblico; ci piace ricordarli tutti: Chiara Accornero, Francesca Barbasso, Daria Cionfoli, Debora e Stefano Cotza, Giulia De Lorenzo, Antonella Dicorato, Alex Gover, Riccardo Granucci e Donato Quarta, si sono emozionati e commossi, e questo non può che far piacere perché spezza una lancia a favore dell’intelligenza dei ragazzi e della loro sensibilità, troppo spesso sottovalutata e incompresa dagli adulti.
Da sottolineare anche l’intento benefico dello spettacolo che si è svolto in favore di Romail “Vanessa Verdecchia”, sezione dell’AIL nata con l’obiettivo di sostenere la ricerca contro le leucemie ed aiutare i pazienti affetti malattie del sangue ed i loro familiari.