
[rating=3] Fermata dell’autobus, Netty aspetta il suo, e mentre controlla se la sua banca con i suoi risparmi è ancora aperta o se è fallita (il testo è stato scritto prima della crisi americana che tutti conosciamo), si confida con il pubblico, racconta le sue paure e lascia aperta una porticina da cui possiamo spiarla nella sua vita di tutti i giorni, che è stata funestata da un evento traumatico: una mattina, davanti allo specchio, non si è vista! Ed è ironico perché, come lei stessa ci confiderà, “quando invecchi diventi invisibile agli altri”, invece lei sembra proprio esserlo, nessuno interagisce con lei, nemmeno gli autobus si fermano. È sola e se la cava senza l’aiuto di nessuno, ma ora la sua vista sta diminuendo. E poi arriva Shprintzy, una bimba di 65 anni, una miscela di inconsapevolezza, amore, tenacia e insicurezza, “se non facesse pena sarebbe divertente”, un vero carro armato, che crea una breccia nel freddo cuore di Netty semplicemente non ascoltando tutti i suoi rifiuti e i tentativi di allontanamento, ma anzi aiutandola quando è in difficoltà. Perché Netty spesso lo è, in difficoltà, anche se non lo ammetterebbe mai.
Le due vecchiette sono complementari: l’una è razionale, l’altra sembra camminare a un metro da terra, l’una è precisa e metodica, l’altra è imprevedibile, come una molecola impazzita, l’una è fredda, distaccata e tende ad allontanare tutti, l’altra è tenera, insicura, “piccola”, quasi amorevole, l’una ha una memoria di ferro ma molte paure con cui combattere, l’altra ha l’Alzheimer e non si ricorda niente, vive giorno per giorno, ora per ora, senza preoccupazioni per il futuro, l’una è quasi cieca, mentre l’altra la porta in giro e diventerà i suoi occhi sul mondo. A questo proposito, commovente il passo in cui Shprintzy con così tanta positività, caparbietà e infantile energia descrive alla quasi cieca Netty cosa vede al parco: “guarda che bello quello, guarda che bello questo”, e Netty non può far altro che essere trascinata da cotanta evidente bellezza, pur non riuscendo a vederla. Allo stesso tempo Netty aiuta la sua amica a non darsi per vinta, a prendere una posizione e lottare per essa, cosa che fino ad ora non aveva mai fatto, sempre aiutata dal suo ormai defunto marito.
Si crea un connubio indissolubile, che probabilmente non si sarebbe mai creato se Netty avesse mantenuto un’ottima vista e se Shprintzy fosse stata meno testarda e più orgogliosa. In un qualche modo la malattia di entrambe le avvicina, le rende indispensabili l’una all’altra, e nel finale capovolge proprio i ruoli, perché sarà Netty a raccontare emozioni e ricordi ad una sempre più attonita Shprintzy, per rianimarla dal torpore della malattia.
Il testo di Mayo Simon “Guida alla sopravvivenza delle vecchie signore”, rappresentato al Teatro Dehon di Bologna, pur trattando argomenti tutt’altro che frivoli, riesce ad essere leggero e comico, a cogliere l’aspetto ironico di una situazione tutto sommato pesante, senza moralismi né meschinità: non si ride mai della malattia o del malato, ma sempre della situazione che si viene a creare, della contrapposizione fra due caratteri e temperamenti molto diversi che per un caso della vita si trovano a dover convivere. E in questa parentesi tutta al femminile, non si risparmia qualche frecciatina anche alla compagine maschile, bollata senza mezzi termini come approfittatrice: gli uomini vogliono “o un’infermiera o un conto in banca”, cioè cercano di assicurarsi di non morire in solitudine; la donna dal canto suo non sa resistere a questo richiamo, seppur dichiaratamente utilitaristico. Ancora una volta la malattia e la paura per la perdita di indipendenza sembrano le uniche forze nascoste in grado di creare legami affettivi fra le persone.
Marina Bonfigli, dall’inizio alla fine la voce narrante dello spettacolo, è molto brava a giocare con le paure e i meccanismi mentali di Netty, che però non appaiono mai come manie, facilitando così l’immedesimazione del pubblico. Purtroppo la sua cecità risultava a volte vera e a volte no, e alcune battute non le uscivano con la dovuta fluidità (ma questo forse è colpa dell’età?)
Non meno brava Isa Barzizza, in un ruolo molto più colorato e comico, e forse più “tecnico”: vedendola sulla scena, a qualche parente di persona malata nel pubblico talvolta veniva spontaneo dire “si, fanno proprio così…”