
[rating=4] Un enorme applauso accoglie Dario Fo mentre fa il suo ingresso trionfale sul palco per lo spettacolo “Ciulla, il grande malfattore”, in prima assoluta al Duse di Bologna. Lo accompagna Piero Sciotto, il coautore del libro omonimo (Leggi la recensione) e Jacopo Zerbo, attore che spesso accompagna Dario Fo nei suoi spettacoli teatrali. Le telecamere e il teatro (ovviamente sold-out) vengono riportati indietro nel tempo, alla fine dell’Ottocento, quando nel centro di Roma pascola ancora qualche pecora, ai contadini sarebbe dannosa l’istruzione scolastica e il pane innesca guerre fra poveri: “Tutti quelli che sanno della guerra del pane alzino la mano, va bene, state giù con le mani” ironizza Dario, rivolgendosi ad una platea con solo teste e nessuna mano.
Non lo si direbbe mai, ma l’introduzione storica iniziale è divertente e leggera, Dario la punteggia di aneddoti intelligenti, come l’affermazione della polizia durante la repressione contro gli insorti per il pane: “abbiamo sparato contro quella gente per incutere un sano timore” ma facendo ben 400 morti, oppure la dichiarazione di Crispi al governo italiano a seguito “del primo grande scandalo italiano, sono commosso…”: “Non possiamo divulgare lo scandalo, dobbiamo difendere lo stato”. Ovviamente non possono mancare riferimenti ai tempi nostri, “mentre gli altri fregano tu fai l’austerità”, e “all’attico pagato a mia insaputa”: “gli antichi sono una massa di delinquenti, ci copiano sempre!”.
In questa ondata di nascente malaffare, la figura di Ciulla, anarchico ed omosessuale, sembra davvero tratta da un romanzo, anzi colpisce quasi per il rigore morale, sempre in prima fila contro i poteri forti. Tutto ciò gli vale dapprima il ruolo di consigliere comunale, poi il processo per partecipazione ai Fasci siciliani, infine la “condanna all’impopolarità” (“è imbarazzante farsi vedere con lui”), che in varie occasioni ostacola la sua vita, come la negazione della cattedra di disegno pur avendone ampiamente i requisiti. Tutte queste strade chiuse (e qualche conoscenza negli ambienti della contraffazione) indirizzano il nostro eroe a sfruttare le sue doti tecniche per replicare i clichè di stampa dei soldi falsi. Oltre ai suoi complici e a sè stesso, Ciulla da i suoi soldi falsi ai poveri, ai vicini di casa, ai più deboli, attirando l’attenzione della polizia. Lo spettacolo non cita le modalità dell’arresto (che invece sono nel libro) e arriva subito al “livello di divertimento insolito per un processo” che condannerà il nostro eroe come falsario. Si finge pazzo e totalmente cieco (in realtà lo è parzialmente a causa degli acidi per le tinte di colore dei soldi falsi) e riempie il tribunale del suo “delirio di grandezza”, “la prego signor presidente, non mi interrompa…”, “io ho denunciato i falsari e mi merito una medaglia!”.
Conclude la sua esistenza nell’Albergo dei poveri invalidi, dove tenta di insegnare il tango argentino agli altri degenti, fondando l’Equipe dei danzatori menomati. Si intuisce bene dunque l’ironia che sta nel titolo “il grande malfattore”: il più grande falsario italiano di tutti i tempi è un eroe e un truffatore, un malandrino e un brav’uomo, ma resta un dilettante se paragonato alla Banca d’Italia, che era autorizzata a stampare fino a 60 milioni di lire e che, in ristrettezze economiche, ne arriva a fabbricare 113, simulando di ritirare dal mercato le vecchie banconote.
Dario Fo è al solito bravissimo, recita con un canovaccio e lo fa con la solita naturalezza cui siamo abituati. Canta, balla e ammalia, un vero mattatore. Sciotto è una brava spalla, anche se il “botta e risposta” manca di un po’ di “oliatura”: sarà sicuramente un effetto che andrà a sparire nelle prossime repliche. Jacopo Zerbo non risulta purtroppo all’altezza della situazione, recita di maniera ma senza sentimenti, non è “con la chitarra in mano davanti al focolare” come lo sono gli altri due, non trascina, anzi frena.
Il testo è molto interessante, va a scavare nei giornali dell’epoca per rievocare fatti ed aneddoti quotidiani che sono la cartina da tornasole di quanto accadde, senza fermarsi alle fredde interpretazioni degli storici. La più bella immagine che abbiamo di Ciulla è quella del frontespizio del libro: “Paolo Ciulla, pittore, illustratore, anarchico e omosessuale, il più grande falsario della storia d’Italia. Che raggiunge la fama che aveva sempre sognato, per una via che non avrebbe mai previsto.”
Curiosità: alla fine dello spettacolo Dario Fo e Piero Sciotto firmano i libri acquistabili nel foyer. In quest’occasione si sente l’affetto che i bolognesi hanno per il grande attore, sicuramente ricambiato, dato che tutti gli anni la prima assoluta dei suoi spettacoli è sempre qui al Duse.