Arancia Meccanica al Bellini, la sfida di Russo a Kubrick

[rating=2] Gabriele Russo ha portato in scena dal 18 al 20 marzo al Teatro Bellini di Napoli l’adattamento teatrale del romanzo del 1962 di Anthony Burgess, Arancia Meccanica, reso celebre dalla trasposizione cinematografica di Stanley Kubrick del 1971. Gli attori principali sono Daniele Russo, nei panni di Alex il protagonista, e Sebastiano Gavasso e Alessio Piazza, in quelli dei sue due amici “drughi” Dim e George.

La storia, per chi non la sapesse, appare anche a seguito di recenti fatti di cronaca, più attuale che mai: Alex è un giovane antisociale capobanda della banda criminale dei drughi formata da lui e altri due sue amici, le loro passioni sono la droga mescolata al latte (lattepiù), l’alcol e quella che loro chiamano ultraviolenza, ovvero una violenza arbitraria e del tutto immotivata, praticata con l’unico scopo di divertirsi. Tra i tre della banda nasce una rivalità e Dim e George non accettano che Alex sia il capo e gli tendono così un agguato durante uno dei loro colpi facendolo arrestare dalla polizia.

In carcere il piccolo Alex viene sottoposto ad una “cura” sperimentale per estirpare in lui ogni istinto violento, la cura consiste nella visione forzata di immagini atroci e alla somministrazione di farmaci che provocano la nausea in modo tale da associare nel paziente alla violenza la sensazione di nausea e il malessere fisico. Il vero dramma per Alex è però che la colonna sonora di una serie di immagini è la Nona Sinfonia di Beethoven, il suo compositore preferito che da quel momento sarà associato anch’esso alla sensazione di nausea e disgusto.

Arancia Meccanica

Ridotto ad un burattino a cui sono stati meccanicamente imposti i concetti di giusto e sbagliato e di bene e male e privato dell’unico vero piacere “paradisiaco” della sua vita, l’amato Ludovico Van, Alex tenta il suicidio ma viene salvato e anzi il Ministro che ha autorizzato la cura gli promette che il governo lo aiuterà per il resto della sua vita.

La trasposizione di Russo pecca innanzitutto di una trama eccessivamente frammentaria, in cui troppe scene sono state espunte per motivi di copione penalizzando la trasmissione del messaggio reale dell’opera, in particolare nel finale un po’ frettoloso. Non colpisce poi la recitazione di Daniele Russo che volendo dare un aspetto caricaturale al personaggio ne toglie il fascino che invece seppe dargli nel ’71 Malcolm McDowell.

Ciò che penalizza lo spettacolo è probabilmente più di tutto il confronto inevitabile con il capolavoro di Kubrick da cui Russo tenta di prendere le distanze ma che rimane un classico irraggiungibile. Una vera nota di merito va alle musiche di Marco Castoldi, meglio conosciuto come Morgan, che è riuscito a fondere perfettamente la trama con la musica in maniera magistrale tale che esse conferiscono spessore e drammaticità alle scene.

La scenografia di Crea da un’aria pop e moderna allo spettacolo, la trovata della scatola con una parete trasparente in cui è possibile vedere a rallentatore in sincronia con le musiche di Beethoven lo stupro che Alex e i drughi compiono è geniale e di una tale perfezione estetica da risultare un piacere per gli occhi dello spettatore. Nel complesso però le musiche e le scenografie non riescono a risollevare l’esito di uno spettacolo con varie pecche e lacune.

 

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