Quel Pandemonium di Vinicio Capossela: solitudini, passioni e demoni in un abbraccio pansonoro

Una serata catartica tra le onde del mar Tirreno a Piombino con il cantautore e pluristrumentista accompagnato dall’uomo orchestra Vincenzo Vasi

© fermataspettacolo.it

Un Pandemonium a tiro di mare per Vinicio Capossela al Festival 20eventi di Piombino in una location mozzafiato quale quella del Porticciolo di Marina.

Capossela, affiancato da Vincenzo Vasi, l’inimitabile uomo orchestra, che “dà il pansonoro a tutti i suoni, dà voce alle onde elettromagnetiche del theremin, alle vibrazioni del vibrafono, un autentico amplificatore di solitudini, un distanziatore del suono”, come sottolinea lo stesso Vinicio, ricrea un universo magico e marino, in bilico tra uomini e demoni, in atmosfere rarefatte e malinconiche, dove le solitudini si riallacciano in abbracci sonori unici e suggestivi.

Vincenzo Vasi © fermataspettacolo.it

Ecco allora spiegata l’origine del Pandemonium, “da Pan, il satiro figlio di tutti gli dei dell’Olimpo, che rappresenta la pluralità delle componenti umane, ma allo stesso tempo anche da “panico”, perché l’abbondanza è sempre qualcosa che ci terrorizza. E Demonio, ovvero dáimōn, per i greci quella creatura un po’ intermedia tra l’uomo e il divino che anima le cose, quindi non necessariamente il consesso dei diavoli a cui la cultura più recente ci ha abituato. Infine Pandemonium è anche uno strumento musicale, che fa un po’ il suono di tutti gli strumenti, estratto dalle viscere della terra”.

Una performance che unisce due solitudini, geniali, che si sommano a quelle di un pubblico distanziato per le normative anticovid, ma che, come spiega il cantautore, consente l’applicazione della prima legge dei gas: un gas si espande finché ha spazio.

“Dunque noi cerchiamo di dare quella solleticazione emotiva per provocare l’espansione della vostra spiritualità allo stato gassoso. E questo naturalmente in tempi come questi, tempi pandemici. Lo spettacolo che andiamo a fare vorrebbe dare voce a diversi demoni, cioè diversi spiriti, diversi ambiti delle nostre nature. Benvenuti dunque.”

E lo spettacolo ha inizio, dando corpo a creature mitologiche come Il grande leviatano, tra antri infernali, o Le sirene, che malinconicamente fanno riaffiorare ricordi di 28 anni fa, quando Capossela componeva Modì in ricordo del grande Amedeo Modigliani. Emergono desideri, sofferenze, attese, mancanze proprie di una passione d’amore, mentre prende forma Non è l’amore che va via. C’è Fatalità in bilico tra vita e morte ed i ricordi d’infanzia di Nutless, in Dove siam rimasti a terra Nutless, mentre Vasi fa risuonare echi da C’era una volta in America al theremin, dedicata al “grande Ennio Morricone a cui va il nostro ricordo riconoscente”.

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Non mancano anche personaggi sbarazzini e scanzonati come Pryntyl e l’Ulisse alla ricerca di conoscenza del Canto XXVI di Dante in Nostos: «Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto,| ché de la nova terra un turbo nacque,|e percosse del legno il primo canto.|Tre volte il fé girar con tutte l’acque;|a la quarta levar la poppa in suso|e la prora ire in giù, com’altrui piacque,|infin che ‘l mar fu sovra noi richiuso”.»

In questi tempi pandemici, La peste la peste ci ricorda che la pestilenza correva già nella rete, mentre Bardamù, trascrizione poetica e melanconica de Viaggio al termine della notte di Celine, ci racconta nuovamente la storia del dottor Semmelweis, che già nell’800 aveva posto in relazione la mortalità per febbre puerperale con la pratica dell’autopsia, intuendo la carica infettiva delle mani e finendo, per questo, gli ultimi suoi giorni in manicomio: «Ecco la terribile storia di Ignazio Filipo Semmelweis. Essa ci mostra il pericolo di volere troppo bene agli uomini, è una vecchia lezione sempre nuova. Supponiamo che oggi allo stesso modo venga un altro innocente, che si metta a guarire il cancro, manco s’immagina che genere di musica gli farebbero ballare, sarebbero veramente fenomenale. Ah meglio che prenda doppie misure di prudenza, meglio che sia avvertito, che se ne stia maledettamente bene in guardia, sarebbe tanto riguadagnato se si arruolasse immediatamente in una qualche legione straniera, niente è gratuito in questo mondo: il bene, come il male, si paga, prima o poi, e il bene è molto più caro, per forza.»

Il cicaleggio di un caldo pomeriggio risveglia le passioni degli amanti di Camera a sud, mentre dall’alto veglia indisturbata la Signora luna, ricovero di madrigali e serenate, come quella che ti si scalfisce nell’animo di un’armonica a bocca. Lo scenario quindi si sposta in una piccola comunità, La faccia della terra tratta dal libro di Sherwood Anderson “Winesburg Ohio”, tra nomi biblici e solitudini senza riparo.

Continuano le metafore bibliche, si passa al nuovo testamento con Il povero Cristo e le bassezze dell’uomo, fino ai suoni elettrici delle Nuove tentazioni di Sant’Antonio. Dopo l’inferno, arriva la scanzonata Marcia del camposanto ed i suoi riti, una lunga processione contadina con uomini, animali e alberi. In un crescendo di energia e coinvolgimento del pubblico prende il via la Danza Macabra fino all’attesissimo Uomo vivo, che fa scatenare gli animi tra canti e danze sul posto, in un abbraccio musicale collettivo “pazzo di gioia”.

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La performance si conclude con un piccolo omaggio, ottimo connubio tra pianoforte e theremin, una sognante storia di corteggiamento tra due vecchi pianoforti a Lubecca, fino alle struggenti note della Cavalleria rusticana realizzate magistralmente al theremin dal virtuoso Vasi ed una buona indulgenza plenaria per tutti con Ovunque proteggi.

Abbiate cura dei vostri demoni!

Una serata più che perfetta, un connubio ben riuscito tra le onde del Mar Tirreno e i suoni e ritmi catartici, che ritemprano gli animi e riscaldano il cuore, soprattutto in questi tempi pandemici.

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