
Un itinerario parigino emozionale, a braccetto con Amélie Poulain, protagonista del film Il favoloso mondo di Amélie scritto e diretto da Jean-Pierre Jeunet ed interpretato da Audrey Tautou e Mathieu Kassovitz, nel quartiere artistico per eccellenza: Montmartre.
Il nostro viaggio inizia a le Gare de l’Est: sulla sinistra, prima di entrare in metropolitana, una corsa sulle gradinate è d’obbligo, per mano a un’Amélie che rincorre, folgorata, Nino per restituirgli l’album di fotografie appena perso.
E il filo viene riavvolto lungo le colorate linee della Métro: prima la viola, direzione Porte de Clignancourt, fermata Barbés Rochechouart, cambio sulla blu fino a Blanche.
Qui incalza il rosso can can del Moulin Rouge, il cabaret più celebre di tutta Parigi, fondato nel 1889: seguendo i passi ritmici delle ballerine di Toulouse-Lautrec imbocchiamo rue Lepic per una colazione tutta sensoriale al Café des Deux Moulins: a servirci, immaginiamo la stessa Amélie che qui lavorava.
Rifocillati, proseguiamo: a un certo punto la strada curva verso ovest, mostrandoci l’appartamento al terzo piano, n. 54, dove dal 1886 fino al 1887 visse insieme al fratello Théo, Vincent Van Gogh. Nel chiarore della mattina il blu elettrico del portone sprigiona una folle energia di colore.
Carichi, seguiamo la rue, incantati da improvvisi rigagnoli d’acqua dorata, fino ad imbatterci nella più popolare balera della fine del XIX secolo, il Moulin de la Galette: socchiudendo gli occhi, si odono le grida festose e le danze impresse eternamente da Pierre-Auguste Renoir nel dipinto Le Bal du Moulin de la Galette, tra polke, valzer e perché no, echi spagnoleggianti della cachucha, nei tocchi di luce palpabili tra le fronde degli alberi.
Superiamo, sicuri senza sbagliare, il coreografico Moulin Radet, oggi ospitante il ristorante dall’ingannevole nome Moulin de la Galette: attraversando place Marcel Aymé, stringiamo la mano a Dutilleul, l’uomo che secondo il racconto Il passamura di Marcel Aymé, un bel giorno scopre di essere capace di attraversare i muri, innescando un inarrestabile meccanismo comico che si svolge attraverso dieci racconti, fantastici e ironici, pastiches e parodie di generi e registri letterari.
Ma gli incontri d’arte non terminano qui, e più avanti, lungo rue Girardon, ecco il busto di Dalida, la cantante italo-francese che ha maggiormente contrassegnato la musica leggera transalpina del XX secolo, tête d’affiche all’Olympia, tempio della musica leggera parigina.
Tra le note di Milord, nel controluce di rue de l’Abreuvoir, dopo una capatina a Au Lapin Agile, famoso cabaret dove all’esterno è ancora visibile la caricatura di André Gill di un coniglio che schizza fuori da una pentola, su sfondo rosa shocking, arriviamo allo splendido Musée de Montmatre, che sorge ai n.12 e 14 di rue Cortot, sopra un bel vigneto, nel più vecchio edificio del quartiere, un palazzo del XVI secolo, dove vissero insieme i pittori Renoir, Utrillo e Raoul Dufy.
Qui una lunga sosta, accarezzando le chat noir e respirando aria bohémien nei ribelli dipinti, litografie e documenti dell’epoca, tra i manifesti di Toulouse-Lautrec originali, il primo cabaret letterario, musicale e teatrale “Le Chat Noir” fondato da Rodolphe Salis nel 1881, il teatro d’ombre con i suoi meccanismi e fantasmagorie, la storia della Comune, insieme alle immagini di fotografie della Belle Époque e quadri di Utrillo e Kupka. Una pausa nel giardino Renoir, immersi nella tavolozza impressionista dei suoi dipinti en plein air, quindi il viaggio continua.
A due passi, al n.6, ecco la casa del celebre compositore Eric Satie e sulle note delle Gymnopédies arriviamo alla Basilique du Sacré Coeur, che sorge sul luogo dove sarebbe stato martirizzato nel III secolo San Dionigi di Parigi con la decapitazione. Secondo la leggenda, il santo avrebbe preso poi la testa mozzata e avrebbe fatto alcune miglia portandola fra le mani. Da Place du Parvis du Sacré Coeur ammiriamo una delle più belle vedute di Parigi, mentre sulla splendida scalinata che porta a in Place Saint-Pierre, davanti all’antica giostra di cavalli, osserviamo Nino (Mathieu Kassovitz) districarsi tra frecce blu sul pavimento e telefonate anonime per ritrovare il libro di fotografie.
Dalla basilica si prosegue verso rue Azaïs, giriamo in rue Saint-Eleuthère fino a raggiungere Place du Tetre, la pittoresca piazza fulcro d’arte che ospitò anche le case di Picasso e Utrillo. Oggi punto di ritrovo di pittori e caricaturisti, è forse un po’ troppo turistica per la ricerca di quell’intimità capace di proiettare nel fascinoso e bramato passato: ma socchiudendo gli occhi al sole, è ancora possibile percepire la vibrazione dei colori accesi dai grandi maestri della pittura.
A sud ovest di place du Tetre, in rue Poulbot, giungiamo a Espace Dalì: una pausa è d’obbligo nell’originale museo che ospita circa 330 opere di Salvador Dalì. All’interno si respira aria surrealista, mentre emerge tutta la fragilità interiore del subconscio freudiano dell’artista catalano, nascosta dietro gli stravaganti baffi. Ecco la gracilità del potere nell’elefante scolpito dalla Tentazione di Sant’Antonio, i molli orologi di un tempo soggettivo e liquido, i cassetti segreti dell’inconscio tutto al femminile, ma ancora il telefono con l’aragosta ed il divano dalla rossa e provocante bocca, tra visioni oniriche e incubi, perché “Io non mi drogo. Io sono la droga” (cit. Salvador Dalì).
Da place du Calvaire si scende la scalinata che sbuca in rue Gabrielle, si svolta a destra verso place Émile Goudeau: al n.11 bis rimiriamo la Bateau Lavoir, che ospitò in estrema povertà grandi maestri d’arte quali Kees Van Dongen, Max Jacob, Amedeo Modigliani e Pablo Picasso. La visuale si fa cubista con Les Demoiselles d’Avignon, capolavoro eseguito in questo edificio, originariamente vecchia fabbrica di pianoforti in seguito adibita a lavanderia e ribattezzata da Jacob la “barca lavanderia” a causa degli ondeggiamenti che subiva quando soffiava il vento.
Non lontano dalla Basilica del Sacro Cuore, ecco rue des Trois Frères: al numero 56 fa capolino Au Marche de La Butte, il fruttivendolo dove il signor Collignon maltratta Lucien, il maldestro ma delicato apprendista, sotto il palazzo in cui vive la protagonista.
Con il sapore di “un fico e tre noccioline”, scendiamo la scala proseguendo in rue des Abbesses verso sud fino a place des Abbesses: ad accoglierci il sinuoso intrico di rami verde pallido sostegno della tettoia di vetro dell’ingresso della stazione del métro progettato da Hector Guimard. Si tratta di una magnifica esplosione di art nouveau, luogo del folgorante incontro tra Amélie e Nino: un vero e improvviso colpo di fulmine.
E sulle struggenti note di Édith Piaf si conclude il nostro viaggio nostalgico lungo i piccoli piaceri di una vita dalle tinte accese, totalmente dedita all’arte.
Ottimo lavoro, ragazzi!!!