Se “Il viaggio a Reims” di Gioacchino Rossini avvenisse al cospetto di un Keith Haring? Sarebbe a Roma.

Al Teatro dell’Opera di Roma per la regia di Damiano Michieletto.

Madama Cortese, il soprano Francesca Dotto, proprietaria dell’albergo, si sta preoccupando del viaggio a Reims che gli ospiti si apprestano a compiere, la sera del giorno stesso, per assistere all’incoronazione del nuovo re, Carlo X, nella medesima città. Bellissima la musica,  bravissimi i cantanti, ma l’audace regia di Damiano Michieletto, si reinventa il testo di Luigi Balocchi in un museo. La direttrice è questo il nuovo ruolo della madama, a guisa di Miranda Priestly in “Il diavolo veste Prada” si occupa di trasferire quadri ritratti dalla la Gallery Golden Lilium in una vera tela, “L’incoronazione di Carlo X di Francia” di François Gérard, del 1827.

Don Prudenzio, Vincenzo Nizzardo, ottimo basso ha controllato che tutto sia a posto, interviene la Contessa di Folleville, graziosa parigina molto attenta alla moda, eccelsa Maria Grazia Schiavo, amante del Cavalier Belfiore il vivace e brillante tenore, Juan Francisco Gatell, bella voce e presenza, foriero di allegria e brio. A curare gli effetti della Contessa è un’altra valida e piacevole presenza, Don Luigino,  il tenore  Enrico Iviglia.

Il viaggio a Reims è una delle opere più enigmatiche di Rossini, una delle ultime. E’ una “Cantata”, senza drammaturgia: qui si inserisce il grande lavoro di Damiano Michieletto. Un’idea scommessa la sua, dopo la Rosina in gabbia,  a mo’ di Titti, ne “Il Barbiere di Siviglia” del 2014 e il gioco delle scatole per “Il Trittico” Pucciniano del 2016. Bravissimo il direttore d’orchestra Stefano Montanari e menzione va anche ai costumi di Carla Teti, all’allestimento scenico firmato da Paolo Fantin, e  alle luci di Alessandro Carletti.

Un velo, un sipario, la tela bianca di un quadro immaginario, bianco, grande e incorniciato, nel quale squarcio dopo squarcio attori e cantanti si danno personaggi del quadro finale che è “L’incoronazione di Carlo X di Francia” di François Gérard e lasciano fuori in turistici, un bel giallino turista la strepitosa Corinna e soprano. Mariangela Sicilia. Tutto perfetto se non emergesse la distonia tra musica, periodo storico e le ambientazioni talora funamboliche dei trasportatori in basco giallo, del direttore d’orchestra che inforca un elmo piumato, mentre i personaggi del quadro nel trasferimento idealizzato da Michieletto, dalla platea travalicano il golfo mistico mediante pedane, passerelle, ponticelli all’uopo allestiti per raggiungere il palco contato di esagitazione da viaggio.

Un viaggio in forma di ritratto, altra novità nella storia dell’opera dopo l’iconica regia di Luca Ronconi col famoso corteo che dalla strada entrava al Teatro alla Scala, a suon di bacchetta  di cotanto Claudio Abbado. Ma nella storia abbastanza creativa di tale trionfo musicale c’è il ricordo per la messa in scena di Emilio Sagi, che tutte le estati è al Rof di Pesaro, release balneare, con tanto di  sdrai allineati e cantanti in costume e accappatoio. Ma l’opera sfida il pubblico ed ottiene un decoroso plauso grazie anche a un cast di tutto prestigio in un’interminabile locandina di nomi ed eccellenze.