La piccola volpe astuta: sogno e poesia al Maggio Musicale Fiorentino

Il maestro Ozawa dirige una splendida fiaba filosofica sulla vita e sulla morte

Firenze, Teatro Comunale. Un lunghissimo applauso segna l’entrata in sala del grande maestro giapponese Seiji Ozawa, fresco della cittadinanza onoraria conferitagli dal Comune di Firenze all’unanimità, per la sua attività di grande interprete e promotore della cultura musicale contemporanea, oltre che per il suo impegno verso i temi ambientali e il suo grande attaccamento alla città di Firenze, che lo ospita al Maggio Fiorentino sin dal 1973.

Il maestro, ringraziato il pubblico con un inchino, inizia a dirigere l’opera che inaugura la stagione lirica invernale del Maggio Fiorentino: La piccola volpe astuta di Leóš Janáček, alla prima rappresentazione assoluta a Firenze.

L’opera è una “splendida fiaba filosofica sulla vita e sulla morte”, come sottolinea il critico musicale Franco Pulcini, un’opera comica nella quale la fine tragica della protagonista, la volpe, non esclude una sorta di lieto fine per il principale personaggio umano, l’anziano guardiacaccia, sullo sfondo di quelli che vanno indicati come protagonisti non marginali dell’opera: il tempo e la natura, “magico sistema di rinnovamento delle specie, grazie all’amore”.

La trama si apre in un bosco gremito di animali, dove il guardiacaccia si riposa al sole, mentre volano i moscerini e canta la cicala. Dalla vegetazione spunta una rana, inseguita dalla piccola volpe Bystrouška. La rana sveglia il guardiacaccia che cattura Bystrouška per far divertire i suoi bambini.
Nel cortile del guardiacaccia, la volpe si rivela non facilmente addomesticabile: dopo aver inneggiato una rivolta femminile tra le galline contro il maschilista gallo, disgustata dalla loro ottusaggine, si vendica divorando prima il gallo poi le galline, infine dandosi alla macchia di fronte alle ire del guardiacaccia e della moglie.

Ma lasciamo la parola allo stesso autore (da una lettera a Max Brod del 1923):
« […] la mia volpe è così: rubava, sgozzava, ma era anche capace di sentimenti nobili. Nel II atto vaga; ha cacciato un tasso, e si è accomodata nella sua calda tana. Aveva gozzovigliato nelle taverne, aveva rubato e fatto tiri birboni al maestro e al prete che tornavano ubriachi dall’osteria. La volpe s’innamora veramente. Il maestro fa una dichiarazione d’amore a un girasole in fiore presso la siepe, e il parroco ricorda i suoi amori studenteschi. Ovunque nel bosco si aggira la volpe.

Il guardiaboschi, che torna per ultimo all’osteria, la stana con un grido selvaggio e con una fucilata. Il maestro e il parroco cercano di alzarsi dal suolo e, fino a quando le loro gambe ne hanno la forza, cercano di lasciare la scena. Nel III atto la volpe Bystrouška ha intorno a sé tante sue piccole volpi. Felicità familiare. Il negoziante di pollame e bracconiere posa nello stesso momento la gerla con il pollame comprato. La volpe Bystrouška scherza con lui. Gli si para davanti. Harašta la insegue con il fucile. Si rincorrono. Intanto le volpine hanno divorato il pollame dalla gerla.

“Picchiarmi, battermi, solo perché sono una volpe?”, grida al bracconiere. Gli si rizzano i capelli nel vedere una macchia fulva di volpine accanto alle sue anatre nella gerla. Spara senza mirare – e la volpe Bystrouška non c’è più. Il guardiaboschi e il maestro sono invecchiati, il parroco si è trasferito. La primavera nel bosco – ma anche la vecchiaia. Come in un sogno appare al guardiaboschi la foresta, con tutti i suoi esseri sguscianti e volanti; lui cerca la sua volpe Bystrouška. Che non c’è più. Ma eccone un’altra, piccola, tale e quale, che arriva barcollando fino a lui. “Come se fosse caduta dall’occhio della madre”. Così il bene e il male ruotano nella vita nuovamente. Fine.»

Leóš Janáček (1854 – 1928), compositore ceco, ritenuto uno dei massimi compositori dell’inizio del XX secolo, scrisse quest’opera traendo spunto da una storia illustrata pubblicata a puntate da un giornale moravo, che ritraeva le avventure di una giovane volpe. Janáček, oltre a sfoltire il racconto originale, vi ha apportato delle modifiche non secondarie, quali la morte stessa della volpe.

Ne La piccola volpe astuta Janáček “definisce musicalmente le emozioni”: i suoi tre atti sono rispettivamente divisi in episodi che vengono spesso collegati da interludi sinfonici, che sottolineano ora la crescita della volpe e il suo sogno umano, ora la natura riconquistata dalla volpe, ora la malinconia serale dei tre uomini, infine la morte della volpe e la raggiunta tenerezza senile del guardiacaccia.

Tra scene ed atti, si sommano danze e pantomima, parti sinfoniche di grande poeticità, nelle quali si riassumono i nuclei drammatici della vicenda: la Natura, la crescita ed umanità della volpe, la libertà, la decadenza dell’uomo, la morte, la vecchiaia e saggezza dell’uomo di fronte ad una natura che si rinnova. L’aspetto di opéra-ballet è fondamentale: coreografie e movimenti mimici non sono un riempitivo, ma una ricreazione plastica dell’immagine naturalistica.

Così Massimo Mila definisce queste pagine: «C’è tanto Dvořàk e tanto Strauss nella musica della Volpe scaltra: il nostalgico melodismo slavo, sostanziato nell’anelito della volpe prigioniera al bosco nativo, nella grassezza pagana del sinfonista bavarese.»

Seguendo il ritmo delle stagioni e dei giorni, questa piccola fiaba senza morale è la grande storia della vita che, qualunque cosa accada, continua.

Immenso il cast, fra personaggi umani e creature a quattro e due zampe o volanti – ci sono anche galline, cani, rane, uccelli, libellule, mosche, moscerini, una zanzara e persino un tasso con la pipa.

Splendida la regia, con i suoi coloratissimi costumi, e le scenografie, che ripropongono un’atmosfera tra il realistico e il poetico, affidate rispettivamente a Laurent Pelly e Barbara de Limburg Stirum; le luci sono di Peter van Praet e la frizzante coreografia si deve a Lionel Hoche.

L’opera è stata trasmessa in diretta radiofonica da Rai Radio3 e ripresa integralmente con le telecamere di Rai Trade, che non ha voluto lasciarsi sfuggire l’opportunità di produrre con il Maggio un nuovo DVD di questo magnifico spettacolo meraviglioso ed imperdibile.

Bravissimi i 13 solisti, il coro di voci bianche (tassative per l’autore), i ballerini e i mimi che affollano il bosco, nell’ininterrotto mormorio della foresta. Su tutti emergono la deliziosa e sensuale protagonista, Isabel Bayrakdarian e il rude e malinconico guardiacaccia, Quinn Kelsey, personaggio attraverso il quale Janáček, alla fine dell’opera, rivelerà le proprie poetiche riflessioni sulla vecchiaia: proprio questo finale d’opera, rappresentante l’eterna rigenerazione della natura, verrà eseguito come ultima volontà del compositore alle sue esequie, sostituendo la consueta marcia funebre.

Un’opera magica, sognante, piena di humour ma segnata anche da una grande tenerezza, che rende onore alla natura e agli esseri che la popolano e rappresenta un inno all’eterno ciclo della vita.