
[rating=4] Non delude l’essenziale e cruento al punto giusto Macbeth per la regia di Dario Argento in scena al Teatro Verdi di Pisa fino al 29 marzo 2015.
L’opera, debuttata al Teatro della Pergola di Firenze il 14 marzo 1847, sancisce il fortunato connubio Verdi-Shakespeare recando in sé il seme di una grande svolta stilista, che si concretizzerà nella trilogia popolare. Concisa ed energica, in essa il cigno di Busseto definisce il concetto fondamentale di ‘parola scenica’, capace di tradurre efficacemente e precisamente la situazione drammatica, sottolineando nella sua brevità la sublimità in essa intrinseca.
La tenebra insita nella natura umana pregna l’opera verdiana, traduttrice di oscurità e sovrannaturale in quella sua ricerca di sonorità arcane, dai colori singolari e cromatici propri del male e del demoniaco. Ma seppur opera ‘nera’, parabola dell’estrema ambizione al potere che tutto e tutti travolge, il Macbeth è anche l’opera di un grande amore che unisce Macbeth e la sua spietata Lady in un estremo destino comune.
La regia di Dario Argento amalgama sapientemente il rosso ed il nero dell’opera verdiana, in un gioco sensuale che lega la demoniaca coppia nell’ascesa oscura e drammatica all’accecante potere. Sensuali e ammalianti le nude streghe dalla chioma selvaggia (ma la citata ‘sordida barba’ shakespeariana chi avrà il coraggio di usarla?), con pose un po’ ripetitive per il primo atto, più interessanti nel secondo atto: unico appunto, il nudo candore strideva un po’ con i molteplici colori del coro, forse più efficace sarebbe stato un nero neutrale capace di dar risalto al pallore dei corpi.
Efficaci le scenografie minimaliste, cupe e dal sapore di morte, che attingono dal dramma della Prima Guerra Mondiale dove svetta nel primo atto la torre del potere, macchiata di sangue, in seguito la poltrona illuminata che ricorda il Lamento di Steven Berkoff, quindi i due tronchi di sequoia quasi grandi falcate di orchi prima dell’assassinio di Banco, fino al vuoto dell’ultimo atto. Effetti speciali quanto basta: efficace il primo piano sulla morte del re Duncan; d’effetto la morte alla San Sebastiano di Banco e la decapitazione di Macbeth, forse un po’ troppo zampillante sfiorando lo splatter e ricevendo come risposta una fragorosa risata dal pubblico. Ma Dario Argento doveva pur metterci del suo nel primo lavoro operistico che in un gioco di specchi e potremmo dire ‘metacinema’ richiama Opera, il suo primo film ispirato all’ambiente operistico dove va proprio in scena il Macbeth verdiano.
Ottimo il cast dove svetta la fredda Lady Macbeth di Dimitra Theodossiou, dalla perfetta presenza scenica e dalla voce avvolgente, morbida negli acuti, forse unica pecca non sufficientemente ‘brutta’ per il diabolismo voluto per il personaggio da Giuseppe Verdi. Bella prova anche per il Macbeth di Giuseppe Altomare, sicuro nella veste servile di nuovo re, sopraffatto dal male; ovazione per il giusto Banco di Giorgio Giuseppini commuovente nell’aria dell’estremo sacrificio “Studia il passo, o mio figlio”. Un po’ troppo irruenti rasentando il fuori tempo Malcom di Emanuele Giannino e Macduff di Emanuele Servidio.
Buona prova anche per l’Orchestra del Festival Pucciniano diretta con entusiasmo da Simon Krečič e per il Coro di Parma diretto dal maestro Fabrizio Cassi.
Dunque applausi per la prima pisana a tutti, anche al dolorante ma fermo regista reduce di 3 costole rotte: ‘Bravi’ meritati.