
Esecuzione di tutto rispetto per i giovani allievi dei corsi di Maggio Formazione inseriti nell’ambito del progetto Opera Futura nella loro Traviata lucchese di sabato 24 novembre: occorre formare i giovani per guardare con “sguardo lieto” al futuro. E sempre più si fa pressante l’esigenza di educare le nuove generazioni attraverso il bello che l’opera racchiude, come sottolinea De Magistris in occasione della fresca inaugurazione della Stagione del Teatro San Carlo di Napoli con una sanguigna e carnale Traviata verdiana: il riferimento viene dunque naturale.
E quella messa in scena al Teatro del Giglio di Lucca consta la regia di Paolo Trevisi che sottolinea l’importanza del lavoro di questi giovani artisti come risorsa dei teatri stessi che collaborano a questo progetto, ovvero il Teatro di Pisa, di Lucca e di Livorno, insieme a Maggio Formazione e Festiva Pucciniano. La sua è una Traviata di stampo tradizionale, coadiuvata dai costumi in stile della Fondazione Cerratelli. Unica novità, la presenza di Alfredo nel preludio del primo atto, presenza che torna per ricordare la sua triste e struggente storia d’amore: inserzione un po’ patetica, che toglie fascino ad un Preludio orchestrale già splendido senza didascalie.
Opera per eccellenza della trilogia popolare verdiana, la Traviata, su libretto di Francesco Maria Piave, trae spunto e innalza la figura conturbante di Alphonsine Plessis, in arte Marie Duplessis, cortigiana della demi-monde dell’Ottocento parigino resa celebre da Alexandre Dumas figlio nel suo fortunato romanzo La dame aux camélias, da cui fu tratto un dramma omonimo che letteralmente folgorò Giuseppe Verdi. L’opera in tre atti, dopo una prima fallimentare esecuzione preannunciata (“Ricevo da Venezia una lettera anonima in cui mi si dice che se non faccio cambiare donna e basso farò un fiasco completo. Lo so lo so”), riscosse un clamoroso successo il 6 maggio 1854 e da quel giorno non smise più di far furore.
Buona l’interpretazione diafana e fragile con fresca e acuta voce dell’elegante Violetta di Irina Dubrovskaja, si rivaluta negli ultimi atti l’impulsivo e giovane Alfredo di Stefano Lacolla, poco convincente il complesso e tormentato Germont di Stefano Antonucci.
Direzione corposa con tempi spediti e trasparenza dell’ordito strumentale per il Maestro Bruno Aprea, seguito correttamente dall’Orchestra della Toscana.
Pubblico soddisfatto.