Nel cuore di Trento, a due passi dal Duomo, c’è un luogo dove è possibile tornare indietro nel tempo, al 1545, epoca del Concilio, dove per ristorarsi pellegrini e viandanti si fermavano in questa accogliente taverna: l’Osteria a “Le Due Spade”.
La storica atmosfera intima e accogliente si è preservata nel corso dei secoli: oggi il locale, gestito con lungimiranza da Andrea Coluccia, si presenta come una stube in legno dal grande fascino, con una volta a botte in pietra ed oggetti d’epoca di pregio come la grande stufa in maiolica verde della Val di Non. Particolarissima la cucina a vista, nascosta dietro una vecchia credenza. I suoi otto tavoli sono apparecchiati con eleganza classica – la doppia tovaglia – con punte moderne – i centrotavola e i bicchieri colorati. Ed il menù preserva entrambe queste anime, classica e moderna.

L’accoglienza è rilassata, con un calice di Cime di Altilia Trentodoc 2016, invecchiato 50 mesi, una bollicina molto piacevole che non resta nel palato, ad accompagnare un grazioso entrée dello chef Simone Bordignon: un arancino di riso con aglio nero, due chips di tapioca al foie gras, una crocchetta di Trentingrana con gel di yuzu.

Si entra quindi nel vivo del menù degustazione, con la trota salmonata appena scottata e marinata, su un letto di agretti piccanti, salsa al sesamo e perle di caviale, servito con del fresco gazpacho di mela verde: un antipasto delicato, in netto contrasto con il piatto successivo, dalla carnosità più impegnativa.

Un’animella croccante dal gusto molto deciso, su una caponata di melanzana e una nuvola di aria di sedano e Trentingrana.

L’aria torna fresca e marina, con uno dei piatti climax del percorso culinario: casoncelli ripieni di salmerino marinato, adagiati su una crema di carote e pennellate di salsa di friarielli, con gocce di arancia salata, uno stupore per vista e palato. Il tutto accompagnato da un calice di Kerner Köfererhof, un bianco fermo, profumato e fruttato, dotato di grande sapidità e mineralità, ottimo accostamento.

Con il risotto mantecato al midollo, polvere di limone bruciato e asparago verde si torna alla terra, tra affumicatura e freschezza del limone.

Per immergersi quindi nel fitto del bosco con il lombo di cervo adagiato su una ganache di sedano rapa e cioccolato bianco con terra di polenta e cicorietta, servito con una demi-glace di cervo e caffè. Una selvaggina tenerissima, alleggerita da un tondo calice di Lagrein Greif, fresco e piacevole, dalla bella struttura, ed un retrogusto fruttato di ciliegia, mora e ribes.

Un predessert di cioccolato bianco in due consistenze, crema e cristallizzato, con lampone e polvere di caffè, sotto cui si nasconde una gelatina di caco mela, ripulisce con vivacità per preparare la chiusura della serata.
Una mousse di cioccolato bianco e cannella con inserto alla mela su crumble di noci e gelato alle fave di Tonka ci guida ad un dolce e delizioso finale.

Un viaggio avvolgente tra terra e mare, ben strutturato, dove la classicità si fonde con una modernità che stupisce occhi e palato, in una location storica curata nei minimi dettagli.