L’Avanguardia russa a Palazzo Strozzi di Firenze: un mistico pulsare dei sensi

[rating=4] Si è inaugurata ieri L’Avanguardia russa, la Siberia e l’Oriente. Kandinsky, Malevič, Filonov, GončarovaPalazzo Strozzi: una mostra che si fa iniziazione verso una realtà che è altro, aprendo le porte di Firenze al diverso e rendendo la città “Teatro del Mondo”, come sottolinea Sergio Givone. Aperta fino al 19 gennaio 2014.

Il percorso evoca misticamente una catarsi lungo la Transiberiana inaugurata dallo zar Nicola, svelando quelle radici mistiche e spirituali all’origine dell’Avanguardia russa, tra steppe sterminate e spiriti guida, ora diffidenti verso l’altro, come i Lupi nella steppa di Aleksej Stepanov, ora salvifici come la Figura taumaturgica. Orso intagliata e dipinta a Nanai, un oggetto di potere, proteso alla contemplazione, meditazione e alla visione interiore, messaggero sacro, cacciatore, viaggiatore fra i mondi., mediatore fra il naturale e il sacro.

Artisti come Léon BakstAlexandre BenoisPavel FilonovNatalia GoncharovaWassily Kandinsky, Michail Larionov e Kazimir Malevič si fanno rabdomanti, intrecciando e traducendo continuamente l’uno nell’altro, con la loro inquietante sensibilità eidetica, segni sonori, grafici, cromatici.

Ecco allora che i visitatori si ritrovano fascinosamente ad ascoltare la forma, hanno «la possibilità di entrare nell’opera, diventare attivi in essa e vivere il suo pulsare con tutti i sensi», nel vortice di un’arte energizzante e catartica.

Natalia Goncharova (Nagaevo 1881–Paris 1962), Emptiness, 1913–14, oil on canvas; 80 x 106 cm. Moscow, State Tretyakov Gallery, inv. Zh- 1543

«È come un pezzo di ghiaccio entro cui brucia una fiamma» scrive in una lettera del 1925 Kandinsky, ed è proprio questo fil rouge che lega simbolicamente le 11 sezioni della mostra, allestita superbamente dall’architetto Luigi Cupellini, tra le pareti di ghiaccio legate alla Russia ed altre grigie, che ricordano vecchie pareti di legno, elemento madre per i preziosi reperti orientali e etnografici.

Ad accogliere l’iniziazione del visitatore emerge nella sua maestosità, dalla terra, una kamennaja baba di pietra, statua paleolitica: guardiana di una saggezza che travalica la conoscenza terrena. A lei si legano emblematici dipinti: Macchia nera di Kandinsky, Cerchio nero di Malevič e Il vuoto di Gončarova, simboli indiscussi dello sciamanesimo e della cosmologia orientale.

Una sala della mostra "L’Avanguardia russa, la Siberia e l’Oriente"

«Tutto quanto il potere del mondo viene fatto dal cerchio (…) La vita di un uomo è un cerchio che va da infanzia a infanzia, e così è in ogni cosa in cui si trova il potere» (Anziano Dakota).

Attraverso una sempre più serrata apertura verso la tecnica incognita dell’astratto, i grandi dell’avanguardia russa ci guidano in questa illuminazione: impossibile non pensare all’opera Über das Geistige in der Kunst di Kandinsky, proclama mistico, appello a un rivolgimento radicale della vita oltre che al rinnovamento dell’arte. Ancora, con Punto, linea, superficie si va decisamente verso una metafisica della forma: la forma è manifestazione significante di una realtà, è tensione di forze, e solo in rapporto al suo sottofondo invisibile può essere compresa. Così ogni forma diventa un essere vivente, carico di potere ed energia.

Vasilii Kandinsky (Moscow 1866–Neuilly-sur-Seine 1944), Black Spot, 1912, oil on canvas; 101 x 131 cm. St. Petersburg, State Russian Museum, inv. ZhB-1323

Il percorso si snoda tra nuovi e antichissimi energizzatori, quali il Tamburo sciamanico del Chakasay e il Boa di Vasilij Vatagin: il ritmo del tamburo simboleggia la sincronia della Grande Madre e tutte le forme a cui dà la vita, compresi gli esseri umani, gli animali, le piante e i minerali; il serpente è il simbolo dell’onda di energia femminile, ma anche androgina, che guarisce il corpo, risveglia le passioni e illumina la coscienza.

Come in una sorta di trance dance, ascoltiamo e balliamo suoni scaturiti da forme e colori, perché «il più ricco insegnamento viene dalla musica. Salvo poche eccezioni, la musica è già da alcuni secoli l’arte che non usa i suoi mezzi per imitare i fenomeni naturali, ma per esprimere la vita psichica dell’artista e creare la vita dei suoni. (…) Nasce da qui l’attuale ricerca di un ritmo pittorico, di una costruzione matematica astratta; nasce di qui il valore che si dà alla ripetizione della tonalità cromatica, al dinamismo dei colori, ecc».

Come energizzatori siamo il legame vivente tra il futuro come umani e ciò che è primitivo, incomprensibilmente atavico, dentro di noi, in una danza salvifica e rigenerante, intagliata nel legno come nel Vecchietto danzante di un anonimo cinese, o ancora nella Donna che danza di Michail Matjušin. Danzano sincronicamente anche lo Spirito protettore della famiglia della città di Koriaki e la Venere di Michail Matjušin.

Aleksei Stepanov (Simferopol’ 1858–Moscow 1923), Wolves by Night, 1912

Il respiro cosciente, la trance dance, il suonare le percussioni, la caccia dell’anima e altre pratiche sciamaniche spirituali fanno da catalizzatori per l’esplorazione della consapevolezza e l’elevazione della coscienza, all’interno di un universo musicale che pervade ogni arte, anche la scrittura, come ricorda in conferenza stampa John Bowlt, citando la sonora poesia di un futurista russo del 1913: il rumoroso ascolto fa tornare alla mente l’italiano Filippo Tommaso Martinetti ed il suo Zamg Tumb Tumb del 1914 o ancora gli Intonarumori di Luigi Russolo verso l’esaltazione di un silenzio di cageana memoria. Il legame si fa stretto con dipinti quali Sonata nordica di Mitrofan Beringov o il Lago degli spiriti delle montagne di Grigorij Čoros-Gurkin.

Dunque una mostra suggestiva che, attraverso 130 opere, si snoda verso la ricerca di una saggezza arcana e spirituale. Un percorso da guardare e ascoltare.

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